La sentenza pubblicata dalla Commissione tributaria provinciale della città di Agrigento ha dato ragione alla proprietaria di un ristorante-pizzeria siciliano, la quale era stata accusata di aver evaso il fisco per ben 72.169 euro in Iva e Irap nel 2004. Il principio su cui si è basata questa sentenza è abbastanza semplice: infatti, si parte dal presupposto che tazzine di caffè e cartoni di pizza non costituiscono dei ricavi veri e propri, dunque il metodo induttivo non sempre può funzionare in questo senso, soprattutto quando il fisco non fornisce al giudice la lista dei prezzi del presunto evasore. Come si era arrivati all’accusa di evasione? Secondo le Entrate di Canicattì, il ristorante, il quale era stato oggetto di quattro accertamenti in un solo anno, non andava a contabilizzare le rimanenze: il fisco, pertanto, era andato a “ricostruire” i presunti ricavi sulla base del conteggio di tazzine, bicchierini e cartoni, il cosiddetto metodo induttivo, appunto. Si tratta di una tipologia di accertamento ritenuta legittima dalla Cassazione attraverso varie sentenze, ma in questo caso non ricorrono i presupposti di base.