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Secondo la Consulta l’Irap non è un’imposta incostituzionale

L’Irap ha ottenuto un importante riconoscimento da parte della Corte Costituzionale: l’ordinanza della Consulta è giunta dopo due anni e mezzo di rinvii ed ha sancito la piena legittimità dell’imposta regionale sulle attività produttive. La decisione è arrivata dopo che nel corso degli anni erano giunte numerose censure da parte di molte commissioni tributarie (soprattutto quelle di Genova e Bologna), le quali avevano messo in discussione il fatto che l’Irap fosse indeducibile ai fini delle imposte dell’Erario, ragionando in un’ottica di proporzionalità del prelievo alla reale capacità contributiva. La situazione è stata, per così dire, sanata dalla recente messa a punto di alcune novità legislative, che hanno in parte modificato il quadro normativo in cui le stesse commissioni avevano messo in dubbio la correttezza costituzionale del tributo.

 

In particolare, molto significativa in merito è stata la manovra sul cosiddetto “cuneo fiscale” (inserita, nello specifico, nella Finanziaria 2008): tale provvedimento ha inteso infatti rendere più leggero il costo del lavoro per le imprese, oltre a portare a correzione la base imponibile. Un’altra fondamentale svolta al quadro normativo è stata poi data dal decreto legge anti-crisi, con cui è stato introdotto, tra le altre iniziative, uno sconto forfetario pari al 10% dell’Irap dalla base imponibile relativa all’Ires e all’Irpef: questo provvedimento, in particolare, si riferisce ai costi che sono stati sostenuti per il personale e per gli interessi passivi.

 

C’è da ricordare che un’eventuale bocciatura dell’imposta avrebbe avuto come conseguenza un costo pari a una decina di miliardi di euro per le casse dello Stato (l’Irap produce ogni anno 40 miliardi di entrate). Al momento, da quanto si evince dall’ordinanza dei giudici costituzionali, sono possibili due soluzioni: la prima consiste nella dichiarazione della infondatezza e non ammissibilità delle questioni di legittimità, anche alla luce dei cambiamenti normativi; la seconda soluzione teorica consiste invece nel chiamare in causa le commissioni tributarie provinciali, al fine di risolvere le liti pendenti.

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