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Cartelle pazze: anche i defunti non hanno pace

Il recapito delle cartelle di pagamento ai contribuenti è uno dei problemi più grossi ed irrisolti nel nostro sistema fiscale, visto che buona parte di queste sono spesso incomplete, errate o addirittura “pazze“. E se già la ricezione di una cartella di pagamento per il contribuente non è di certo una cosa piacevole, tutto diventa frustrante quando magari nella cartella sono indicate cifre molto alte che il cittadino ritiene che non debba pagare; ma, al fine di evitare pignoramenti ed altre procedure esecutive, spetta purtroppo al contribuente andare a dimostrare che la cartella è errata con conseguente perdita di tempo e, spesso, anche di denaro. Le cartelle pazze, tra l’altro, nel nostro Paese arrivano ad “ondate”, con la conseguenza che i contribuenti in massa si recano presso gli uffici delle Entrate a fare lunghe file spesso inutili in quanto magari i computer dell’ufficio sono andati in tilt, e magari dopo aver cercato, invano, di poter fissare in Agenzia un appuntamento utilizzando il telefono oppure la rete Internet.

Ma la cosa è ancor più seccante, e di sicuro umiliante per i familiari, quando l’invio della cartella pazza è a carico di un defunto; secondo quanto stimato da Contribuenti.it – Associazione Contribuenti Italiani, in base ad un monitoraggio effettuato dallo “Sportello del Contribuente“, negli ultimi cinque anni sono state recapitate nel nostro Paese ben 150 mila cartelle pazze a contribuenti deceduti.

Le procedure e le attività di riscossione nel nostro Paese sono quindi tali che neanche i defunti hanno pace, ma le cose non vanno bene neanche negli Uffici dell’Agenzia delle Entrate; quando infatti arrivano le ondate di cartelle sbagliate, negli Uffici i dipendenti delle Entrate, sommersi dal lavoro per l’annullamento degli avvisi, non riescono più neanche a correggere gli errori nell’arco della stessa giornata; con la conseguenza che il contribuente è costretto a lasciare la cartella all’Ufficio, compilare un modulo di richiesta e poi tornare nei giorni successivi perdendo altro tempo prezioso con un’altra fila lunga ed estenuante. Con la conseguenza che non ci guadagna il contribuente, e non ci guadagna l’Erario.