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La Uil fa il punto sui comuni e l’imposta di soggiorno

Dopo la Pasqua vi saranno altri due momenti festivi che invoglieranno una parte dei cittadini a incentivare il settore turistico: si tratta del 25 aprile, festa della Liberazione, e del successivo 1° Maggio, la festa di tutti i lavoratori. Ma in queste due occasioni vi sarà anche un’ospite poco gradita, vale a dire la tanto discussa imposta di soggiorno. Il 2011 è stato caratterizzato da una adesione non proprio massiccia, con pochissimi comuni che si erano attenuti alle disposizioni del decreto sul federalismo municipale, mentre ora, nonostante le polemiche, le municipalità sono ben più diffuse. A dire la verità, comunque, le località in questione sono equamente divise tra quelle favorevoli e quelle contrarie alla tassa.

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Secondo quanto è emerso da una ricerca della Uil, vi sono molte distinzioni da fare. Anzitutto, bisogna ricordare che l’importo massimo che può essere scelto dagli enti locali è pari a cinque euro per ogni notte in cui il turista soggiorna o pernotta in una struttura alberghiera, ma tutto dipende dalle stelle di quest’ultima. Il prelievo fiscale, poi, viene sfruttato in particolare per puntellare il comparto, oltre che per la manutenzione e il recupero dei più importanti beni culturali e ambientali. In aggiunta, risultano molto importanti anche i servizi pubblici.

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Diversi sindaci hanno scelto di incrementare le tariffe, come è avvenuto nel caso di Catania (da 0,50-2 euro a 1-2,50 euro a notte nel giro di un solo anno), mentre a Capri le notti in albergo presuppongono il pagamento minimo di una somma di tre euro, fino ai già citati cinque euro relativi a quelle strutture che vantano un lusso maggiore. Le situazioni particolari, quali quella del rinvio dell’introduzione dell’imposta stessa, esistono eccome, ma si tratta di decisioni legate a motivazioni di tipo elettorale, dato che gli stessi comuni non sono intenzionati ad adottare delle soluzioni impopolari.