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Cassazione: l’intervento chirurgico non scosta gli studi di settore

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha messo in luce una interessante realtà fiscale che coinvolge gli studi di settore: in effetti, in base alla pronuncia dello scorso 17 settembre della Suprema Corte, un intervento chirurgico non costituisce in sé e per sé un evento che può portare allo scostamento di questi parametri tributari. Tale decisione è stata giustificata, in particolare, col fatto che spetta allo stesso contribuente provare che la produzione dei ricavi è stata influenzata in maniera negativa da questa specifica inabilità. Entrando nel dettaglio della faccenda, c’è da dire che tutto è sorto a seguito di un ricorso nei confronti di una sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale aveva disposto in maniera piuttosto chiara che l’avviso di accertamento era comunque legittimo in una ipotesi del genere, anzi l’Iva e l’Irpef erano addirittura maggiorati.


La tesi del secondo grado parlava di una mancata presentazione di studi di settore maggiormente favorevoli al contribuente e di una certificazione relativa all’intervento non idonea; pertanto, il ricorso in questione si è basato essenzialmente su tre presupposti, vale a dire l’erronea consapevolezza della Commissione circa la legittimità dell’accertamento fiscale, gli errori dei giudici a proposito dell’adesione all’accertamento stesso e alla presentazione degli studi, oltre alla mancata constatazione del fatto storico rappresentato dall’intervento chirurgico, un elemento ritenuto sufficiente per dimostrare la ridotta capacità produttiva.

Il giudizio finale della Cassazione è già noto, ma cerchiamo di comprendere l’iter che è stato seguito: anzitutto, alcune motivazioni della Ctr sono state considerate errate, ma la decisione è rimasta corretta e definitiva. In effetti, non sono stati applicati, come sostenuto dal contribuente, i parametri esaminando le prove che sono state presentate, prove che sono state ritenute non sufficienti; per la decisione finale, poi, decisiva è stata la mancanza della specificazione della durata relativa alla convalescenza, tanto da far optare per un rigetto del ricorso.