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Detrazione indebita dell’Iva: il diritto va sempre dimostrato

Nel caso in cui un singolo contribuente abbia intenzione di far valere il proprio diritto alla detrazione dell’Iva, egli dovrà sempre fornire la prova della legittimità della fonte e della correttezza del diritto. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, la quale ha dunque rinforzato e ribadito il principio secondo cui, quando il Fisco provvede a contestare al contribuente la detrazione indebita dell’imposta (si tratta, per l’appunto, di fatture false), quest’ultima va recuperata a tassazione se il contribuente non ha provato l’effettiva esistenza delle operazioni documentate dalle fatture. La pronuncia della Suprema Corte è giunta a seguito di un ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro una sentenza della Commissione Tributaria regionale: per la precisione, questa sentenza sarebbe stata in contrasto con le disposizione del Dpr 633 del 1972.

 

Si trattava sostanzialmente di un avviso di rettifica della dichiarazione Iva del contribuente, emesso dopo la verifica degli organi di controllo. Il giudizio di primo e secondo grado aveva accertato che questo avviso era stato annullato in quanto l’ufficio aveva fatto riferimento solamente al processo verbale di constatazione degli organi di controllo, senza precisare elementi aggiuntivi. L’Agenzia delle Entrate aveva dunque presentato ricorso per il contrasto della sentenza con il principio dell’onere della prova. Le motivazioni dell’Amministrazione finanziaria si riferiscono al fatto che, in presenza di indicatori che mettono in luce l’inesistenza materiale delle operazioni, si prescinde dalle risultanze della contabilità che possono rappresentare semplici finzioni.

 

I giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il ricorso delle Entrate ribadendo che:

Se si omette una fattura per operazioni inesistenti o per misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni in fattura.

Si tratta sostanzialmente di una conferma dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità: quest’ultima ha infatti sempre ribadito che il sistema dell’Iva si basa sui principi di rivalsa e detrazione, quindi chi emette la fattura è debitore dell’imposta in essa indicata.