Trasferimento proprietà aziendale: la prova spetta alle Entrate

Quando si parla di cessione di una determinata azienda o di un suo ramo, bisogna considerare nel dettaglio anche tutti gli aspetti fiscali collegati a questa operazione: l’accertamento della compravendita, infatti, presenta numerosi aspetti di difficile interpretazione, specialmente se si tratta di portare a rettifica i valori che sono stati dichiarati. Questa stessa rettifica non comprende soltanto l’imposta di registro in forma indiretta, ma anche quella diretta e questo lo si può evincere con una certa nettezza dalle pronunce della Corte di Cassazione, la quale ha più volte ribadito il concetto. Comunque, c’è anche chi la pensa in maniera diversa: ad esempio, alcune Commissioni Tributarie Provinciali sono orientati verso pareri contrari. Nello specifico, secondo la Suprema Corte nell’ipotesi di un trasferimento di proprietà aziendale è legittimo l’accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria dello Stato.

Belgio: le ultime novità sulle doppie imposizioni

La circolare numero 4 pubblicata quest’anno (precisamente lo scorso mese di aprile) dal Fisco belga ha chiarito alcuni punti molto interessanti relativi alle modalità con cui porre in essere l’esenzione in relazione alle doppie imposizioni; il riferimento più importante è ovviamente il modello Ocse, il quale suggerisce di adottare due varianti, l’esenzione totale oppure quella progressiva, ma esiste anche il cosiddetto metodo del credito d’imposta. Quando si parla di esenzione totale, ci si riferisce a un cittadino che risiede in una nazione contraente e che percepisce dei redditi imponibili in un altro stato contraente; in questo caso, è compito dello Stato di residenza adottare l’esenzione da tassazione di questi specifici patrimoni. Per quel che riguarda invece i dividendi e i canoni, c’è da dire che vale una deduzione fiscale sui redditi, il cui importo sarà pari all’imposta che è stata versata nell’altro stato.

 

Detrazione indebita dell’Iva: il diritto va sempre dimostrato

Nel caso in cui un singolo contribuente abbia intenzione di far valere il proprio diritto alla detrazione dell’Iva, egli dovrà sempre fornire la prova della legittimità della fonte e della correttezza del diritto. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, la quale ha dunque rinforzato e ribadito il principio secondo cui, quando il Fisco provvede a contestare al contribuente la detrazione indebita dell’imposta (si tratta, per l’appunto, di fatture false), quest’ultima va recuperata a tassazione se il contribuente non ha provato l’effettiva esistenza delle operazioni documentate dalle fatture. La pronuncia della Suprema Corte è giunta a seguito di un ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro una sentenza della Commissione Tributaria regionale: per la precisione, questa sentenza sarebbe stata in contrasto con le disposizione del Dpr 633 del 1972.