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Avviamento: aumentate le annualità dell’ammortamento

Le operazioni straordinarie delle nostre aziende beneficeranno di un periodo più lungo per quel che riguarda l’avviamento ammortizzato: in effetti, in base a quanto previsto da una modifica del Decreto Milleproroghe, gli esercizi (o annualità) relativi a questo specifico periodo non saranno più nove, bensì dieci. Il riferimento in questione va anche all’affrancamento dei marchi. La novità fiscale è di sicuro rilievo e comincerà a produrre i suoi effetti già a partire dal periodo d’imposta che è in corso al momento dell’approvazione dello stesso decreto, dunque questo anno sarà già decisivo. Tra l’altro, la deroga era stata introdotta dallo Statuto del Contribuente. Il Decreto 185 del 2008 (“Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale”) prevede espressamente che si possano affrancare dal punto di vista tributario i maggiori valori che vengono attribuiti in sede di bilancio all’avviamento e ai marchi aziendali appunto, nell’ipotesi di operazioni come scissioni, fusioni e conferimenti, quelle che il diritto commerciale identifica come “straordinarie”.


In questi casi, poi, ha luogo il versamento di una imposta sostitutiva per quel che concerne l’Irap e l’Ires, adottando la formula dell’unica soluzione e dell’aliquota fissata al 16%. L’aumento delle annualità ha uno scopo ben preciso. Il Milleproroghe vuole sostanzialmente ridurre quelli che sono i vantaggi principali che scaturiscono dall’affrancamento già menzionato in precedenza; tuttavia, sembra che inizialmente questa novità possa riguardare soltanto il settore bancario.

I soggetti Ias meritano molte certezze riguardo agli scenari contabili che si prospettano per il futuro più imminente, dunque anche sotto il profilo dell’imposizione fiscale. Le possibilità relative alla riorganizzazione aziendale sono due, in continuità di valori contabili (si iscrive una riserva negativa di patrimonio netto), e l’allocazione del maggior costo di acquisizione sui cespiti dell’attivo; le conseguenze fiscali sono diverse a seconda dell’uno o dell’altro scenario, ma secondo alcuni la posizione assunta dalle Entrate è opinabile.