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Attività agricole connesse: i chiarimenti delle Entrate

Quando una società cooperativa o anche un consorzio sono soliti porre in essere un’attività agricola di tipo connesso e che non dà luogo alla commercializzazione dei prodotti relativi ai soci, allora non c’è spazio per altre operazioni imponibili: lo stesso discorso vale anche per le vendite di beni da parte dei soci all’ente in questione e da quest’ultimo ai soggetti terzi. Si tratta di quanto è stato possibile ricavare dalla lettura della risoluzione 65/E che la nostra amministrazione finanziaria ha provveduto a rendere pubblica nel corso della giornata di ieri. Che cosa vuol dire tutto questo in parole povere?

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Anzitutto, c’è da dire che occorreva dissipare un dubbio; in effetti, ci si era chiesti se le attività agricole connesse (ad esempio la manutenzione del verde e i lavori effettuati in altre aziende agricole) relative a una cooperativa di questo tipo potessero rappresentare delle prestazioni autonome di servizi, le quali dovevano dunque essere fatturate direttamente al socio. Secondo quanto stabilito dall’Agenzia delle Entrate, tali tipi di società non sono altro che produttori agricoli e, in quanto tali, danno vita a una attività che ricomprende quei prodotti che sono stati conferiti dai soci.

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Pertanto, si crea una sorta di continuità tra le parti e a causa di essa le attività connesse non hanno la stessa importanza che possono avere le autonome prestazioni di servizi che sono rese ai soci, in particolare quando si provvede a vendere i prodotti agricoli. Più realisticamente, si tratta di una fase rilevante dell’attività di commercializzazione a cui si sta facendo riferimento. Tra l’altro, una presa di posizione simile la si era avuta ben quindici anni fa; nel 1997, infatti, le Entrate stabilirono che le attività di manipolazione trasformazione di una cooperativa dovevano essere considerate come funzionali rispetto all’attività primaria di vendita e per conto dei soci produttori.