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Maradona: è ancora contenzioso con il fisco

Continuano le vicissitudini dell’ex calciatore Diego Armando Maradona con il fisco italiano. Il ricorso recentemente presentato dai legale del “pibe de oro” è stato respinto dalla Commissione tributaria Centrale. La stessa sentenza, n. 598, ha anche confermato l’annullamento degli accertamenti previsti per club e giocatori (Alemao e Careca).

Il contenzioso fiscale ha origine nel 1991 quando l’agenzia delle entrate contestò A Maradona, Alemao, Careca ed alla sessa società sportiva mancati introiti irpef relativi agli anni che vanno dal 1986 al 1990. L’amministrazione finanziaria ha contestato la mancata dichiarazione di compensi dovuti allo sfruttamento di immagine effettuato da parte di società aventi sede all’estero. In primo grado i giudici avevano dato ragione all’amministrazione finanziaria contestando l’interposizione fittizia della società che sfruttava i diritti. Successivamente in appello, nel 1994, la commissione tributaria regionale ha annullato gli atti di accertamenti diretti a giocatori, escludendo Maradona, e società ( per un debito complessivo di oltre 40 milioni di euro). I difensori del Pibe de Oro contestano alle commissioni una specularità degli accertamenti annullati con quello di Maradona, e chiedono pertanto il conseguente annullamento anche dell’atto di accertamento diretto all’argentino.

Tuttavia la tesi sostenuta dalla difesa veniva puntualmente disconosciuta da parte dell’amministrazione la Cassazione, in terzo grado, ha confermato la linea tenuta dall’agenzia delle entrate. Secondo l’organo giurisdizionale Maradona non ha prontamente contestato l’accertamento che gli è stato notificato, e pertanto l’obbligazione tributaria nei suoi confronti si è consolidata. Di conseguenza non avendo fatto ricorso per la legge Maradona è da considerarsi acquiescente, e non può quindi fruire dell’estensione di giudizio prevista per la società e per i giocatori, che avevano contestato l’atto. Inoltre occorre anche ribadire che la società sportiva ha anche fruito del condono emanato del 2002, e anche qui il calciatore non potrà beneficiare dell’istituto visto che non ha neanche fatto richiesta. Pertanto, conclude la cassazione, il Pibe de oro dovrà rifondere l’amministrazione in base all’aliquota irpef prevista all’epoca.