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Il Liechtenstein e la crisi: 34 miliardi in meno nei conti del principato

Sono dunque ben 34 miliardi gli euro di differenza nei capitali gestiti sulla piazza finanziaria dal piccolo principato del Liechtenstein: è la conferma che la crisi colpisce anche i paradisi fiscali più “gettonati” dai contribuenti, anche se ora si deve parlare di questo stato come una ex giurisdizione non cooperativa, dato che è stato promosso a “entità che aspira alla cooperazione fiscale”. Questo buco di bilancio si riferisce sostanzialmente ai flussi di risorse e patrimoni che circolano nel principato, i quali sono gestiti da banche, fondi pensione e intermediari finanziari: la somma totale di tutti questi movimenti ammontava a circa 182 miliardi di euro nel 2007, mentre per quel che riguarda il 2008 tale cifra è scesa a 148 miliardi (-19%). Quali fattori hanno influito maggiormente su questo declino che non veniva registrato da decenni? Sono molte le opinioni al riguardo e alcune anche contrastanti. Secondo alcuni analisti, la principale responsabile del declino è, senza ombra di dubbio, la crisi economica e finanziaria che si è scatenata a livello globale. Per altri, invece, la giustificazione va cercata nell’impatto combinato provocato dalle mosse di diversi governi (come è successo in Germania), i quali sono intervenuti in maniera decisa sull’evasione fiscale offshore.

 

Una parte non indifferente è stata poi svolta dallo scandalo relativo alla pubblicazione dei nomi dei contribuenti che avevano beneficiato dei conti gestiti da Banca LGT: una storia che ha coinvolto un numero molto alto di ricchi contribuenti. Comunque, gli stessi analisti sono più fiduciosi per il 2009, dato che si attendono un ritorno importante dei patrimoni in Liechtenstein.

 

I numeri del piccolo principato rimangono comunque molto interessanti: la gestione dei patrimoni compete a 15 banche e oltre 2.000 operatori che custodiscono ben 200 miliardi di euro, oltre ai patrimoni già investiti. Solo il 15% della forza lavoro, poi, viene impiegata in attività finanziarie, le quali contribuiscono per 1/3 alla formazione del Pil.

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