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Liberi professionisti: credito di imposta e bonus per uscire dalla crisi

Grazie agli ammortizzatori sociali decine di migliaia di lavoratori dipendenti nel nostro Paese, pur percependo una paga ridotta, hanno comunque evitato di ritrovarsi da un giorno all’altro, a causa della crisi finanziaria ed economica, letteralmente in mezzo alla strada, disoccupati e con zero entrate familiari. Lo stesso non dicasi però per centinaia di migliaia di liberi professionisti, dai dottori commercialisti ai medici e passando per i sociologi, i giornalisti e gli avvocati, che hanno visto diminuire sensibilmente il loro fatturato; ma in molti casi gli studi professionali, colpiti duramente dalla crisi, ed in ragione del 20% rispetto al totale, hanno definitivamente abbassato le saracinesche. Per evitare quella che è in tutto e per tutto un’emorragia, l’Associazione Contribuenti.it – Associazione Contribuenti Italiani, ritiene opportuno che il Governo inserisca tra i settori in crisi anche i liberi professionisti in modo tale da poter beneficiare di agevolazioni quali il credito di imposta ed il bonus occupazione per poter tirare il fiato e riuscire a tirarsi fuori da un tunnel che spesso appare senza uscita.

D’altronde i dati forniti nei giorni scorsi a Capri dall’Associazione sono tutt’altro che esaltanti visto che in media il fatturato degli studi professionali in Italia è sceso del 39% con punte di ribasso sopra tale media per avvocati e dottori commercialisti. Ma non se la passano tanto meglio i veterinari, i sociologi ed i biologici con punte di ribasso delle prenotazioni superiori al 40%.

Lo scenario negativo è tra l’altro tutto italiano visto che negli altri Paesi europei c’è invece la ripresa a partire dalla Francia e passando per l’Inghilterra con incrementi di fatturato dell’ordine del 3-4%. Secondo il presidente di Contribuenti.it – Associazione Contribuenti Italiani, Vittorio Carlomagno, in accordo con quanto dichiarato a Capri a margine del terzo simposio internazionale, vista la situazione delle libere professioni è impensabile che il Governo non debba inserire queste tra i settori in crisi dell’economia.