L’aumento dell’Imu per i capannoni industriali

L’Imposta Municipale Unica fornisce sempre una serie incredibile di spunti, la maggior parte dei quali polemici: dopo che è stato preparato tutto per il bollettino postale, ora bisogna fare i conti con gli ultimi dati che sono stati resi noti dalla Cgia di Mestre. Nel dettaglio, l’associazione veneta ha lanciato l’allarme sul costo della tassa per quel che concerne i capannoni industriali, dato che gli imprenditori dovranno sostenere una spesa superiore di 154,4 punti percentuali rispetto a quella necessaria per l’Ici (Imposta Comunale sugli Immobili, il tributo che ha preceduto l’Imu nel suo funzionamento).

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Agevolazioni fiscali: tagli pesanti in manovra

Con l’approvazione della manovra triennale di correzione dei conti pubblici, finalizzata al raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2014, i cittadini rischiano di dover andare a pagare svariati miliardi di euro di tasse in più. Tra le pieghe della manovra, infatti, la Cgia di Mestre, attraverso il proprio Ufficio Studi, stima che dai 48 miliardi di euro previsti i provvedimenti messi a punto potrebbero portare ad incassi per lo Stato pari a ben 59 miliardi di euro, ovverosia 11 miliardi in più di tasse. Questo scenario si può ancora evitare, ma a patto che entro la data del 30 settembre del 2013 venga approvato il disegno di legge inerente la riforma del fisco. E allora, come andrà a finire?

Tasse: pressione fiscale alle stelle nel 2014

Meno tasse per tutti. Questo slogan di questo passo resterà tale visto che nel nostro Paese la pressione fiscale è tutt’altro che destinata a diminuire. La manovra finanziaria triennale di correzione dei conti pubblici, infatti, attiverà una vera e propria stangata a base di maggiori tasse che, nel 2014, porterà la pressione fiscale in Italia al livello record del 44,1%. A stimarlo è l’Ufficio della CGIA di Mestre a conferma di come la manovra metta pesantemente le mani nelle tasche di milioni di italiani che, nel frattempo, hanno già pagato il salatissimo prezzo della crisi finanziaria ed economica in questi ultimi tre anni. Con la stretta che scaturisce dalla manovra del Ministro Giulio Tremonti, tra l’altro, dobbiamo attenderci il peggio anche a livello di Enti locali, con Comuni, Province e Regioni che, chiamate a finanziare i servizi, non esiteranno nei prossimi anni ad inasprire ulteriormente la pressione tributaria.

Manovre finanziarie: ecco quanto ci costano

Quello relativo alle manovre finanziarie è un tema caldo, molto caldo. E’ stata da poco messa a punto dall’attuale Governo di centrodestra una manovra triennale di correzione dei conti pubblici che non innalza le aliquote Irpef, e quindi la pressione fiscale, ma attua un’armonizzazione, riducendo le aliquote da 5 a 3, che per il momento non sembra però cambiare le carte in tavola, ovverosia il gettito a favore dell‘Erario. C’è anche qualche tassa qua e la, a partire dall’imposta di bollo sul deposito titoli bancario che nei prossimi anni, a meno di un dietrofront, rischia di aumentare a dismisura, pure troppo. Ma in questi anni, quanto sono costate tutte le manovre finanziarie ai cittadini italiani?

Aliquote Irpef da cinque a tre, cosa cambierebbe

L’estate 2011 per l’attuale Governo in carica è tutto tranne che “vacanziera”. I mercati internazionali ancora di certo non ci guardano con sospetto, ma di sicuro, per continuare ad avere fiducia nel nostro Paese, e quindi nel nostro debito, c’è bisogno che vengano messe a punto riforme strutturali importanti unitamente a quella manovra economica da 40 miliardi di euro e passa in grado di sistemare i conti pubblici quantomeno fino all’anno 2004. Il tutto a fronte della tanto agognata ed attesa riforma fiscale che recentemente è stata tra l’altro chiesta con particolare fermezza, a Pontida, dalla Lega Nord. Il Ministro all’Economia Giulio Tremonti, come da lui stesso dichiarato di recente, ha la riforma fiscale pronta da un pezzo, almeno da un anno; ma mancano le risorse o quantomeno occorre trovare il sistema per reperirle.

Cgia Mestre: gli scontrini sono inutili e superati

Gli scontrini e le ricevute fiscali non destano più l’interesse degli artigiani della Cgia di Mestre: la richiesta della confederazione è stata esplicita, questi mezzi tributari vengono ritenuti inutili, in particolare quando si tratta di contrastare l’evasione del fisco. Come ha spiegato il numero uno della stessa associazione, Giuseppe Bortolussi, nei sette anni compresi tra il 2001 e il 2007 i controlli messi in atto dalla Finanza sono stati quasi totalmente negativi. Ciò vuol dire che la categoria in questione, rappresentata idealmente da baristi, falegnami, commercianti e molti altri lavoratori, emettono in larga parte dei casi scontrini o ricevute, mentre soltanto il 20% degli esercenti ha dovuto far fronte a delle sanzioni per questo motivo. Quale alternativa c’è allora? La Cgia ha parlato espressamente di una netta preferenza in favore degli studi di settore, i quali sono peraltro già utilizzati in questo campo e rendono quindi gli stessi scontrini uno strumento obsoleto e insensato, visto che ormai le tasse relative al versamento vengono fissate dall’Agenzia delle Entrate.

Burocrazia fiscale: un salasso per le Pmi

In Italia, rispetto agli altri Paesi dell’Europa occidentale, le piccole e medie imprese devono subire sia una burocrazia ottusa, sia un fisco opprimente, con la conseguenza che i costi annui rappresentano in tutto e per tutto un salasso. E’ questa la posizione espressa da Giuseppe Bortolussi, il segretario della CGIA di Mestre, nell’apprezzare le recenti dichiarazioni rilasciate dal Ministro all’Economia, Giulio Tremonti, sulla necessità di rendere meno opprimente a carico del sistema imprenditoriale italiano la burocrazia ed il fisco. C’è quindi bisogno di una maggiore semplificazione che dallo Stato può essere messa in atto praticamente a costo zero, mentre nel contempo le piccole e medie imprese possono tagliare i costi ma anche il tempo che, per assolvere agli adempimenti, porta via centinaia di ore l’anno.

Irap: abolizione per le mini imprese

Qualche anno fa gli agenti di commercio, ma anche i promotori finanziari ed i liberi professionisti, soggetti che di norma non hanno dipendenti e non fanno acquisti di beni strumentali oltre determinate soglie, si sono potuti avvalere dell’esenzione relativa al pagamento dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap). Ma a seguito di un’ordinanza della Corte di Cassazione, come messo in risalto da Giuseppe Bortolussi, segretario della CGIA di Mestre, l’esenzione Irap, auspicando che l’Amministrazione finanziaria non ostacoli tale decisione, vale anche per le mini imprese, comprese quelle del settore del commercio e dell’artigianato, che sono allo stesso modo organizzate in forma individuale, ovverosia senza dipendenti a carico, ed a fronte di acquisti di beni strumentali per importi inferiori ad una determinata soglia. Secondo il segretario della CGIA di Mestre a vincere è stato il buon senso dopo che per anni la questione relativa al pagamento dell’Irap da parte delle imprese individuali ha portato alla presentazione di ricorsi.

Tasse: ben 15 gravano sui cespiti immobiliari

Dieci sono imposte, due sono addizionali, una è l’accisa riguardante i consumi di energia elettrica, ed altri due sono tributi, per la precisione la Tia o la Tarsu ed il tributo che a livello provinciale è previsto per la cosiddetta protezione ambiente. E così, come messo in risalto dalla CGIA di Mestre in un Rapporto, sono ben 15 le imposizioni fiscali che nel nostro Paese gravano sui cespiti immobiliari per un gettito complessivo annuo pari alla bellezza di 43 miliardi di euro. A dispetto di quanto si possa pensare inoltre, l’abolizione dell’imposta comunale sugli immobili (Ici) non ha comunque azzerato le entrate dei Comuni visto che nel 2008 sono entrate complessivamente nelle casse delle Amministrazioni cifre totali che sfiorano il livello dei dieci miliardi di euro. Ma dove vanno a finire i 43,2 miliardi di euro annui di tasse sulla casa?

Irap: PMI in pressing per riduzione in Finanziaria 2010

Riguardo alla messa a punto, alla discussione e all’approvazione finale della Legge Finanziaria 2010, il Governo ed il Parlamento dovrebbero adottare dei provvedimenti in grado di far cambiare marcia al nostro Paese. La necessità di mantenere il rigore contabile, infatti, rischia di mettere l’Italia in una posizione tale da non poter intercettare al meglio la ripresa, o meglio la “ripresina” visto che il rimbalzo del prodotto interno lordo per il prossimo anno sarà lento e graduale. Ne sa qualcosa al riguardo la Confesercenti, la quale, in scia alle difficoltà che le imprese associate hanno dovuto fronteggiare negli ultimi dodici/diciotto mesi, è tornata a ribadire la necessità di tagliare a favore delle PMI il prelievo sull’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) già in sede di approvazione della Finanziaria 2010.

Irap: taglio per aziende in perdita, ipotesi poco convincente

Il Governo ha intenzione di “spendere” un paio di miliardi di euro per tagliare l’Irap, ma c’è grande incertezza sulla platea di imprese che potranno beneficiarne; estendere il beneficio a tutte, infatti, rappresenterebbe una misura non solo dispersiva, ma anche di scarsa efficacia, ragion per cui nelle ultime ore si sta pensando di ridurre l’imposta alle imprese che chiudono il bilancio in perdita; questo al fine di evitare che sulle imprese in rosso lo Stato vada ulteriormente a gravare sul bilancio con il prelievo dell’Irap che, lo ricordiamo, non è un’imposta sul reddito. Ma trattasi di una buona idea? Ebbene, l’ipotesi di tagliare l’Irap alle aziende in perdita non entusiasma la CGIA di Mestre, la quale nei giorni scorsi, invece, aveva avanzato la proposta di tagliare l’Irap a quelle imprese con partita IVA ma senza dipendenti, ovverosia alle ditte individuali che, come tra l’altro emerso da alcune sentenze della Corte di Cassazione, l’imposta non la dovrebbero pagare in base al fatto che i titolari di queste micro imprese non hanno lavoratori a carico.

Irap: autonomi senza dipendenti, proposta di abolizione

In Italia c’è un vero e proprio esercito di lavoratori autonomi che svolgono un’attività con partita IVA ma non hanno dipendenti; sono tantissimi infatti i lavoratori, giovani e meno giovani, titolari di una ditta individuale nata molto spesso a seguito di un rapporto di lavoro subordinato “camuffato”, visto che molti di questi soggetti hanno un unico committente. E visto che si parla di questi tempi di riduzione dell’Irap, perché non sopprimerla del tutto proprio a favore del popolo delle partite IVA senza dipendenti? A porsi la domanda, ed a formulare una proposta in tal senso, è la CGIA di Mestre, la quale tra l’altro ricorda come questi lavoratori autonomi paghino l’Irap anche se la Corte di Cassazione, con almeno quattro sentenze, si è espressa quest’anno in favore del “non pagamento” dell’imposta visto che questa classe di lavoratori, non avendo dipendenti, non gestisce un’attività che possa definirsi autonomamente organizzata.

Irap: meglio ridurla, se proprio non si può abolire

L’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) è probabilmente una delle tasse meno gradite, anzi, tra le più odiate probabilmente da parte delle imprese; e se l’abolizione di tale imposta, anche per evitare ripercussioni sui conti pubblici, non appare nella sostanza possibile, quantomeno sarebbe necessario attuale una progressiva riduzione. Ogni anno, infatti, secondo quanto mette in evidenza la CGIA di Mestre, gli incassi da Irap per lo Stato ammontano ad oltre trenta miliardi di euro, di cui una larga fetta va a finanziare un settore indispensabile come quello della sanità. Pur tuttavia, Giuseppe Bortolussi, segretario della CGIA di Mestre, ritiene che si potrebbe alleggerire il carico fiscale da Irap delle imprese permettendo la deduzione degli interessi passivi dalla base imponibile dell’imposta. In questo modo, nelle casse delle aziende rimarrebbero 3,57 miliardi di euro, ed il Fisco, nonostante le attuali difficoltà congiunturali, potrebbe comunque sopportare il peso di tale mancato gettito.

Tredicesima: si potrebbe detassare per i cassaintegrati

Un provvedimento generalizzato di detassazione delle tredicesime sia per i pensionati, sia per i lavoratori dipendenti, sarebbe un vero e proprio toccasana per le famiglie, le quali si ritroverebbero più soldi in tasca e buona parte di questi, come sostengono numerosi economisti, andrebbero di sicuro a finire nel circuito dei consumi con ricadute positive sul rilancio della nostra economia. Pur tuttavia, nei giorni scorsi la CGIA di Mestre aveva messo in evidenza come un provvedimento generalizzato di detassazione delle tredicesime, anche per una quota pari al 50%, sarebbe stato troppo oneroso per le casse dello Stato specie in una fase congiunturale come quella attuale in cui occorre fare molta attenzione alla quadratura delle finanze pubbliche. Pur tuttavia la CGIA di Mestre, ed a metterlo in evidenza è il Segretario dell’Associazione degli artigiani mestrina, Giuseppe Bortolussi, ritiene che si potrebbe, anche a mo’ di gesto simbolico, detassare la tredicesima a tutti quei lavoratori che nel prossimo mese di dicembre continueranno a trovarsi nella situazione di cassaintegrati.