Che cosa comporta il federalismo fiscale?

La riproposizione dell’Ici come Imposta Municipale Unica ha fatto tornare d’attualità la discussione sul federalismo fiscale: ma in quanti sanno di cosa si tratta esattamente? Una buona rinfrescata è sempre molto utile in questo senso. Anzitutto, questa riforma può essere definita come un vero e proprio sistema di tipo economico e politico, con un rapporto di proporzionalità diretta tra le tasse che devono essere riscosse a livello territoriale (vale a dire quelle di competenza dei classici enti locali, i comuni, le regioni e le province) e quelle che sono sfruttate realmente, un modo per coordinare le varie amministrazioni ed evitare qualsiasi tipo di spreco.

Federalismo fiscale regionale: rischio aumento tasse locali

Con l’entrata a regime del federalismo fiscale regionale, si rischia un aumento delle tasse locali fino, complessivamente, a ben sei miliardi di euro. A ricavare questo dato è stato l’Ufficio Studi della CGIA di Mestre andando ad applicare i contenuti e le disposizioni presenti attualmente nel decreto sul federalismo fiscale regionale in discussione presso la Commissione bicamerale. Al riguardo, innanzi tutto, l’Associazione degli artigiani mestrina fa presente come il dato ricavato, frutto di una stima, sia del tutto teorico in quanto si basa sul presupposto che, a partire dall’anno in corso, e fino all’anno 2015, le Regioni italiane vadano ad aumentare l’aliquota regionale, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef), fino al livello massimo consentito dal Decreto stesso. Ma a quanto ammontano queste aliquote massime?

Federalismo fiscale: il Nord nel breve ci guadagna

Il federalismo fiscale, nel momento in cui entrerà non solo in vigore, ma anche a regime, andrà ad innescare una vera e propria rivoluzione amministrativa visto che buona parte della tasse che pagano i cittadini rimarrà sul territorio. Questo alla lunga dovrebbe permettere una migliore gestione della cosa pubblica ma anche la presenza di amministratori più responsabili visto che non sarà più lo Stato centrale a garantire le risorse e, spesso, così come avvenuto in passato, a coprire il profondo rosso delle casse regionali, comunali e provinciali. Ma in prima battuta quali aree del nostro Paese trarranno vantaggi immediati e tangibili dal federalismo fiscale? Ebbene, stando ad un Rapporto a cura dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre sarà il Centro Nord, con il federalismo fiscale, ad avere più soldi, mentre il Sud Italia ne avrà meno; a questo risultato l’Associazione degli artigiani mestrina è giunta andando a calcolare proprio le imposte che resteranno con il federalismo fiscale ai Comuni, ed i fondi che non arriveranno più per effetto dei tagli ai trasferimenti statali.

Federalismo fiscale: rischio divario economico per un italiano su due

Nel nostro Paese un italiano su due, per la precisione il 50,2% della popolazione, teme che l’entrata in vigore del federalismo fiscale contribuirà ad allargare il divario economico tra il Nord ed il Sud del Paese. A rilevarlo è il Censis nel sottolineare come le attese sulla riforma del fisco in senso federalista spacchino in due il Paese. Il Rapporto del Censis arriva tra l’altro proprio oggi, giovedì 3 febbraio 2011, quando da pochissime ore la Commissione Bicamerale, con un pareggio, 15 a 15, ha respinto il Testo sul federalismo fiscale proposto dall’attuale Governo in carica. In ogni caso,il Censis ha altresì rilevato, con una maggioranza al Nord, che poco più di quattro cittadini italiani su dieci ritengono che comunque il federalismo fiscale potrebbe portare nel nostro Paese ad una riduzione dello spreco di denaro attraverso una migliore gestione dei soldi pubblici.

Federalismo fiscale con amministratori responsabili

In materia di federalismo fiscale non si arriverà da subito, specie nelle Regioni italiane che sono in maggiore difficoltà, ovverosia quelle del Mezzogiorno, ad una riduzione delle tasse. A dichiararlo, nel corso di un convegno promosso dalla Regione Molise, avente come titolo “Per il Sud qualcosa di nuovo:regionalismo e federalismo possono ancora convivere“, è stata Renata Polverini, Governatore della Regione Lazio, la quale in particolare ha sottolineato come serva che si guardi non solo alla riduzione delle tasse, ma anche al miglioramento dei servizi a fronte, per il futuro, della crescita di una classe di amministratori che sia responsabile.

Krls Network: prevista una crescita delle tasse locali nel 2011

Oltre sette punti percentuali di incremento: ammonta a tanto la crescita che le tasse e le imposte locali del nostro paese faranno registrare nel corso del 2011 (per essere più precisi, bisogna precisare che l’aumento sarà pari al 7,2%). In effetti, in base a quanto emerge dall’ultimo studio del Krls Network of Business Ethics, ci sono delle importanti novità per il nuovo anno fiscale del nostro paese. Il network interprofessionale appena citato, composto in larga misura da professionisti e specialisti del settore, ha condotto l’indagine per conto dell’Associazione Contribuenti Italiani, un rapporto che dovrebbe essere illustrato a breve e nel dettaglio da Contribuenti.it. In particolare, queste stime parlano chiaro: le tasse locali subiranno una crescita sostanziale, passando da 111,8 a 119,9 miliardi di euro, mentre l’andamento al rialzo da parte delle imposte statali sarà più sostenuto, ma comunque interessante (+3,6%).

Irpef, Iva e Irap: cosa cambia con il federalismo

Quello del federalismo fiscale è e sarà nel nostro Paese un processo lento e lungo visto che solo nel 2018 si arriverà ad una piena e totale attuazione che stravolgerà i meccanismi di tassazione con lo Stato che, in particolare, non staccherà più “assegni” a Province ed Enti locali, e con un’autonomia fiscale che sul territorio dovrebbe garantire autosufficienza e meno sprechi con vantaggi per tutti. Questo è quanto ci si aspetta, ma chiaramente solo davanti ai fatti compiuti ed ai dati ufficiali si potrà capire se effettivamente il nuovo modello federalista potrà, tra l’altro, contribuire ad arrestare un’emorragia caratterizzata da un debito pubblico che, anno dopo anno, non fa purtroppo altro che aumentare. E allora, cosa accadrà nel breve, nel medio e nel lungo termine per imposte come l’Irpef, l’Irap e l’Iva?

Tasse: aumentano quelle locali

Le tariffe pubbliche sono aumentate negli ultimi dodici mesi del 3,9% in media. L’analisi é stata realizzata dall’Osservatorio dei prezzi e dei mercati sulla base dell’indice IPCA, ed evidenzia che nell’ultimo quinquennio le tariffe pubbliche sono cresciute del 15%, cinque punti percentuali in più rispetto al tasso ufficiale di inflazione. Nello specifico, analizzando i rincari, le tariffe postali sono rincarate di circa il 13%, le tariffe autostradali di circa il 15%, quelle ferroviarie del 26%, i trasporti marittimi di oltre il 38%. A questi aumenti però, si aggiungono i rincari dei prezzi amministrati locali, che in media segnano un aumento cumulato di oltre il 20% negli ultimi 5 anni.

Tasse locali troppo alte. A Milano record pressione tributaria

In Italia la pressione fiscale non è elevata solamente quando si parla di imposta sul valore aggiunto (IVA) e, soprattutto, di IRPEF, ma il carico fiscale a carico dei contribuenti è allo stesso modo elevato quando si parla di tasse locali al punto che più che tasse possono essere definite spesso come dei veri e propri balzelli. La pressione tributaria a livello locale è anche il frutto di un’ampia e diffusa evasione che penalizza sia le casse dei Comuni, sia le tasche dei cittadini che onestamente le pagano; non a caso, secondo quanto rileva Contribuenti.it, Associazione Contribuenti Italiani, se nel 2009 le tasse statali sono destinate ad aumentare di un +0,4%, quelle locali sono attese in rialzo del 4,6% a causa di tanti fattori tra cui l’evasione ed i trasferimenti ridotti dello Stato a favore dei Comuni e delle Regioni. Per questo secondo l’Associazione, al fine di evitare che la pressione tributaria a livello locale si faccia sempre più insostenibile, occorre istituire presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze la figura di “Mister Fisco“.