Buffett Rule: che cosa dicono i dati dell’Irs

Barack Obama è stato molto diretto, la sua Buffett Rule, la tassa che andrà a colpire i contribuenti milionari, rappresenta la cura più adeguata per le violazioni fiscali che si verificano ogni anno negli Stati Uniti: ciò nonostante, le statistiche nazionali dell’Internal Revenue Service hanno messo in luce come questi “ricconi” paghino tasse molto più alte rispetto alle famiglie medie. Inoltre, i redditi in questione si caratterizzano come la porzione più significativa del budget federale. Chi ha ragione allora? Le stime in questione sono state compilate dal Tax Policy Center e vengono definite come “non partigiane”: nel dettaglio, coloro che riescono a guadagnare oltre un milione di dollari versano poi il 29,1% del loro introito in imposte federali, mentre le classiche famiglie statunitensi si fermano al 15%.

Obama tentato dalla tassa sui milionari

La tentazione è forte, il presidente americano Barack Obama sta pensando seriamente di introdurre una nuova tassa che vada a colpire quei soggetti che guadagnano più di un milione di dollari all’anno: in pratica, questi contribuenti andrebbero a versare almeno la stessa imposta che è dovuta dalla classe media, una soluzione che si prevede in grado di ridurre il crescente deficit di bilancio. Il piano in questione è già stato ribattezzato dalla Casa Bianca “Buffett rule”, con una evidente allusione al miliardario Warren Buffett, il quale aveva di recente espresso il suo sostegno a un’iniziativa simile, visto che l’attuale sistema fiscale gli impone un’aliquota addirittura inferiore a quella del suo segretario.

Obama propone delle facilitazioni per la tassa sulle imprese

La proposta che intende avanzare questa settimana il presidente statunitense Barack Obama si riferisce essenzialmente all’ambito fiscale a stelle e strisce: in effetti, l’intenzione è quella di incrementare le agevolazioni per quel che riguarda la tassa sulle imprese, in modo da potenziare la spesa federale e sostenere l’economia interna, alle prese con la difficile situazione occupazionale. Proprio nel corso della giornata di domani, Obama annuncerà questi incentivi allargati, un progetto che vuole incoraggiare gli investimenti imprenditoriali, così come è emerso da una indiscrezione anonima dell’amministrazione. Tra l’altro, dalla Casa Bianca giungeranno anche altre proposte tributarie, in particolare il perfezionamento di una imposta sul credito per le imprese relativa alla ricerca e allo sviluppo.

La Corea del Sud diventa sempre più “verde” con i nuovi incentivi fiscali

L’esecutivo della Corea del Sud si è prefisso un obiettivo alquanto ambizioso: è infatti in fase di studio la promozione di investimenti nelle industrie cosiddette “a crescita verde”, anche ricorrendo alla leva fiscale, oltre all’ampio utilizzo di fonti di finanziamento destinate alle industrie del settore. Anche altri paesi dell’economia asiatica hanno deciso di puntare i loro sforzi sul potenziamento delle misure volte a ridurre gli effetti del gas serra; un esempio molto interessante in questo senso è fornito dalla Cina, la quale ha di recente annunciato un piano di investimenti (dovrebbe concludersi entro il 2020) per 15 miliardi di dollari al fine di sviluppare le energie alternative. Ma il presidente sud coreano, Lee Myung-bak è andato oltre: la sua idea è quella di rendere maggiormente disponibili le fonti di finanziamento del settore, creando appositi fondi di investimento, e, soprattutto, concedendo incentivi fiscali alle piccole e medie imprese che si impegneranno in tali progetti. La leva fiscale verrà innalzata dai 2 trilioni di won che sono disponibili quest’anno a circa 2,8 trilioni nel 2013; a questa cifra deve poi essere aggiunto il finanziamento che verrà elargito da Korea Development Bank. L’altra direttrice operativa lungo la quale il governo coreano intende mettere a punto i suoi programmi è quella della certificazione per la convalida dell’uso di tecnologie verdi e di progetti ecocompatibili.

 

I contribuenti Usa tornano a risparmiare grazie allo “stimulus” fiscale

Negli Stati Uniti stanno avendo i loro primi effetti le misure dello “stimulus” fiscale, le quali, tra l’altro, hanno portato a una crescita dello 0,3%. I maggiori benefici in questo senso sono stati avvertiti dai contribuenti statunitensi, che stanno riscoprendo il gusto del risparmio: infatti, dopo diversi anni in cui i bilanci familiari si erano assestati sul colore rosso, ora la tendenza è mutata, come testimonia anche l’andamento del tasso di risparmio, giunto ormai al 6,9%, il livello più alto raggiunto da quindici anni a questa parte. Gli analisti economici hanno studiato con attenzione questo fenomeno. Le principali opinioni ritengono che gran parte del merito sia dovuto alle manovre di contenimento fiscale dettate dal presidente Barack Obama. Come è stato calcolato, inoltre, in assenza delle misure inserite nel piano di stimolo fiscale il reddito disponibile per i consumatori americani non avrebbe raggiunto i 20 miliardi di dollari; le maggiori conferme in relazione a questi vantaggi, comunque, potrebbero arrivare nei prossimi mesi, un fatto che induce a essere moderatamente ottimisti. Le disponibilità dei contribuenti statunitensi ammontano attualmente a ben 787 miliardi di dollari.

 

Stretta fiscale di Obama contro le principali compagnie del petrolio

Mentre in Italia non sembra avere ancora portato agli effetti sperati l’iniziativa fiscale nei confronti dei petrolieri, l’ultimo bilancio statunitense illustrato dal presidente Barack Obama ha messo in luce la totale assenza di generosi sconti fiscali e di misure speciali rivolte al settore petrolifero. Per essere più precisi, nel bilancio mancano 26 miliardi di dollari, una somma che avrebbe dovuto essere destinata alle grandi multinazionali del greggio per l’anno finanziario 2009-2010. Una mossa che non deve sorprendere in quanto tale, dato che era stata ampiamente prevista nella campagna elettorale del neoeletto presidente, ma per la tempistica: le compagnie petrolifere, abituate da ben 50 anni a beneficiare di consistenti incentivi fiscali, non hanno ovviamente gradito la decisione. Anzi, l’Associazione petrolifera indipendente americana (IPAA), una sorta di sindacato del settore, ha dissentito in maniera evidente, dato che ritengono sia stato messo in discussione un principio strategico della storia statunitense.

 

Stati Uniti: l’Oklahoma insorge contro la pressione fiscale

Negli Stati Uniti Barack Obama ha acquisito in breve tempo una popolarità ed un consenso di gran lunga superiore al predecessore repubblicano George W. Bush, ma anche di quello democratico Bill Clinton. Pur tuttavia, dopo quattro mesi dall’insediamento alla Casa Bianca del primo Presidente afro americano della storia degli Stati Uniti, per Barack Obama potrebbero arrivare le prime grane nel rapporto tra l’Amministrazione e gli Stati federati. C’è gran fermento infatti in Oklahoma dove, nonostante il veto imposto da Brad Henry, Governatore dello Stato federato, sponda democratica, la Camera ha approvato una Legge che, se arriverà anche il via libera da parte del Senato, potrebbe arrivare dritta sulla scrivania di Barack Obama. La Legge in questione, in particolare, punta a ribadire il diritto di sovranità dello Stato dell’Oklahoma, ma è strettamente collegata al fatto che la decisione di Barack Obama di puntare, in materia di sviluppo energetico, sulle fonti rinnovabili, penalizza proprio l’Oklahoma a causa di un inasprimento della tassazione sulle materie prime energetiche non rinnovabili che rischia di mandare a gambe all’area l’economia di un paese che vive di gas e di petrolio.

Barack Obama stravolge il sistema sanitario Usa: tassiamo i ricchi e curiamo i poveri

Una specie di Robin Hood tax, quella pensata da Barack Obama: tassare i ricchi per curare i poveri. In occasione del bilancio da 3,94 trilioni di dollari che Barack Obama ha inviato al Congresso con l’obiettivo di sconfiggere la recessione e porre le basi per le ripresa economica, il presidente lancia anche la proposta che in realtà stravolgerebbe il sistema sanitario americano. Sistema basato prevalentemente sul settore privato, o comunque sulle assicurazioni poste in essere dai datori di lavoro. Se quindi si lavora per una grande impresa si godrà di una buona assicurazione, se invece si lavora per una piccola compagnia o si è lavoratori autonomi la situazione é molto diversa. I premi assicurativi da pagare sono realmente molto alti e non tutti possono permettersi di sostenere tale spesa. Sono quarantaquattro milioni i cittadini americani che non sono protetti da alcuna forma assicurativa perché non si possono permettere di pagare il premio o perché il loro rischio è così alto che nessuno li assicura.

Aumento pressione fiscale: in America sale la protesta

Il Governo americano ha stanziato centinaia di miliardi di dollari a favore delle banche per salvarle dal collasso; la conseguenza è che i fondi stanziati hanno contribuito e contribuiranno a far letteralmente esplodere il deficit di una nazione colpita al cuore dal collasso del settore immobiliare a seguito dello scoppio della bolla dei mutui subprime; il tutto sta avvenendo a carico dei contribuenti americani, i quali a quanto pare stanno però perdendo la pazienza. A causa della crisi finanziaria e della recessione economica, il Presidente Barack Obama è chiamato a fare scelte impopolari; in primis, la Casa Bianca ha messo a punto un giro di vite mediatico contro i bonus stellari e scandalosi, visti i bilanci in rosso, da parte dei manager e dei dirigenti delle società, a partire da quelli elargiti ad alcuni esponenti della AIG nonostante il collasso di quella che fino a qualche mese fa era la prima compagnia assicurativa del mondo. Ma l’attenzione, dai manager ai dirigenti si sposta verso i ricchi ed i super ricchi americani, i quali oltre a sobbarcarsi, come tutti gli altri, il deficit USA, ben presto potrebbero vedersi aumentate le tasse e non di poco al fine di un processo di redistribuzione della ricchezza finalizzato a far emergere dalla povertà ben due milioni di cittadini americani.