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Manovra finanziaria: l’abbonamento speciale al canone Rai

La manovra finanziaria varata dal governo Monti contempla molti tipi di tasse, anche una di cui non si sta parlando moltissimo, il canone Rai: il tributo in questione viene infatti menzionato nell’articolo 17 del decreto, con particolare riferimento all’abbonamento speciale che solitamente viene sottoscritto da aziende e imprese. La richiesta che il governo fa a queste ultime è quella di inserire all’interno delle loro dichiarazioni dei redditi il pagamento che è stato versato in tal senso, con la relativa categoria di appartenenza. Il tutto dovrebbe servire a far comprendere qual è la tariffa effettiva dell’abbonamento.

Il motivo di una decisione simile è presto detto. Non è un mistero che il canone sia una delle tasse più odiate dagli italiani, tanto che le percentuali di evasione sono in continuo aumento: sono ancora più alte quelle relative allo stesso mondo imprenditoriale, dove si sfiora addirittura il 96%. Ecco perché si vuole invertire la rotta, prendendo spunto dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir, il Dpr 917 del 1986) per migliorare l’accertamento dell’abbonamento radiotelevisivo speciale. Il malessere dei contribuenti viene dettato soprattutto dal fatto che agli aumenti del canone, i quali hanno ormai una cadenza annuale, non corrisponde alcun tipo di miglioramento del servizio, con i programmi messi a disposizione che non soddisfano le esigenze degli utenti. Proprio per questo non ci si può attendere che ulteriori rincari vengano accettati col sorriso sulle labbra.

In aggiunta, si rischia addirittura di rendere vano il provvedimento in questione, dato che le ipotetiche ma probabili modifiche potrebbero rappresentare un vero e proprio intralcio alla tracciabilità dei versamenti. La mossa accompagna idealmente le altre proposte che erano state avanzate nei mesi scorsi per incentivare il pagamento del canone: l’ultima in ordine temporale si riferiva espressamente all’inserimento dello stesso all’interno della bolletta energetica, ma poi ha prevalso il buon senso, anche perché serve trasparenza anche nel richiedere le imposte.

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