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Corte Europea: il canone RAI non é un abbonamento ma un’imposta

Vi sembra giusto pagare il canone Rai anche se non vedete la telvisione pubblica? Se l’è chiesto qualcuno e la risposta é arrivata bella e pronta direttamente dalla Corte Europea di Strasburgo. Ma partiamo dall’inizio: Antonio Faccio, cittadino di Vicenza, si era opposto alle misure adottate nei suoi confronti per non aver pagato il canone di abbonamento al servizio pubblico. In pratica nel 1999 Faccio inviò una richiesta alla Rai affinché venisse sospeso il suo abbonamento. Faccio cominciò a non pagare più il canone e quattro anni dopo gli uomini della Guardia di Finanza si presentarono a casa sua e con tanto di buste di nylon sigillarono la televisione in modo che non potesse essere più utilizzata. Faccio si era rivolto alla Corte di Strasburgo sostenendo che la misura adottata dalle forze dell’ordine aveva violato il suo diritto a ricevere informazioni attraverso altri canali televisivi, il suo diritto al rispetto della vita privata e anche quello alla protezione della proprietà privata.

Il caro cittadino in realtà rappresenta una buona fetta di italiani che si oppone al pagamento del canone Rai. Ma ora non ci dovranno essere più obiezioni, poichè la Corte ha chiarito ogni dubbio: per i giudici di Strasburgo il signor Faccio, il cui ricorso è stato respinto perché considerato infondato, è tenuto a pagare la tassa anche se non desidera guardare la Rai. Il motivo? L’imposta è dovuta per il solo fatto di possedere una televisione e la tassa non viene pagata in cambio della ricezione di un canale particolare ma è un contributo a un servizio per la comunità.

Lo sbaglio sta essenzialmente nel chiamare “abbonamento” il canone Rai: si tratta in realtà di un’imposta sul possesso del televisore risalente al 1938 (Regio decreto n. 246 del 21 febbraio 1938, articolo 1). Nell’Unione europea ci sono altri 13 Paesi in cui i cittadini pagano il canone come in Italia: Austria, Repubblica Ceca, Germania, Danimarca, Finlandia, Francia, Regno Unito, Irlanda, Malta, Polonia, Svezia, Slovenia e Slovacchia.

5 commenti su “Corte Europea: il canone RAI non é un abbonamento ma un’imposta”

  1. Oggi c’è il reato di “Stalking” – nel nostro caso “Stalking Mediatico”
    Vorrei che i giudici si accorgessero ogni tanto anche dei diritti dei cittadini e non solo delle Multinazionali e delle S.P.A.!
    ———————-
    Io sarei anche daccordo col pagare una tassa per il possesso del televisore, pagarlo però solo ed esclusivamente al Ministero delle Comunicazioni come si fa con il baracchino della C.B., e con una clausola specifica che questi introiti non vadano assolutamente finanziare la RAI!
    Perchè questo, perchè la RAI non ci dà in cambio dei canali senza pubblicità come Mediaset o Sky; quindi non è una “TV Pubblica” che va a favore dei cittadini che PAGANO, ma va incontro agli interessi degli Azionisti, che all’interno della RAI pur se in minoranza comunque di fatto è in mano a interessi Privati!
    Vogliamo una TV come ai vecchi tempi, e non una TV che ti costringe a spegnere o cambiare continuamente canale, oppure per non subire passivamente gli sponsor ogni 20-30 minuti(NONOSTANTE PAGHI!!!) , a registrare i programmi e poi togliere in seguito la pubblicità senza vederla, subendo di fatto un continuo ed assilante “STALKING MEDIATICO!!!”
    E’ ora che le Procure d’Italia, i sindacati e le associazioni consumatori, si sveglino, perchè buona parte dei cittadini, pagherebbe pure la Tassa per il Televisore se fossero però garantiti i loro diritti, ma non sono disposti a farsi prendere per…… i fondelli, dai furbetti del quartiere che pensano solo a fare soldi a discapito del cittadino!
    Chi istaurò il Canone TV lo fece per una giusta ricaduta del capitale sull’utente e non per salvaguardare gli interessi di una S.p.a..
    Ecco perchè non sono assolutamente e categoricamente daccordo nel finanziare a vuoto la RAI!
    Dateci, a quelli come me, un conto corrente postale dove pagare alternativamente la Tassa al Minitero delle Comunicazioni!
    E basta!
    Francesco

  2. Si continua a fare confusione tra imposta, tassa e canone.

    Ora la caratteristica fondamentale dell’imposta e’ che viene essere calcolata in modo proporzionale rispetto ad una base imponibile (esempio classico l’IVA), la tassa, invece, e’ una quota fissa indipendente dalla base (naturalmente puo’ variare vedi ad esempio le tasse di consessione governative).

    Il problema del canone RAI e’ che ci troviamo di fronte un soggetto di diritto privato (la RAI infatti pur avendo come socio di maggioranza il MEF e’ una Spa) che si comporta (quantomeno per l’esazione) come un soggetto pubblico.

    Peraltro il canone TV, definito secondo le convenienze del momento, tassa, imposta o tributo, contiene all’interno altre due tasse ovvero l’IVA e la Tassa di Concessione Governativa che si ritrovano, tipicamente, nei contratti per la fornitura di merci, beni e servizi di diritto privato.

    Per uscire da questo marasma (ed anche per limitare l’influenza dei partiti nella RAI) l’unica soluzione e’ (se proprio bisogna pagare l’abbonamento TV) pretendere dalla stessa RAI la sottoscrizione di un contratto di diritto privato che, avendo forma libera, puo’ prevedere il licenziamento dei soggetti sgraditi (Vespa o Santoro ad esempio a seconda dei propri gusti ed orientamenti politici)

  3. La tassa sul possesso di un televsore con canali sintonizzabili è incostituzionale di diritto e di fatto.
    Di fatto, perché i vocaboli sono cambiati considerevolmente, però i più la chiamano giustamente ‘canone Rai’, perché i soldi della tassa non vengono distribuiti tra tutte le emittenti c.d. pubbliche e private, ma esclusivamente alla Rai: ergo, non può essere considerata un’imposta, perché il soggetto che la riscuote a favore di se stesso non è lo Stato, ma un’amministrazione privata, che appunto riscuote illegittimamente le somme esclusivamente a suo favore.
    Di diritto, valgono le stesse giustificazioni esposte sopra, in virtù del fatto che le tasse si pagano in favore dello Stato che dovrebbe rappresentare gli interessi dei cittadini e non gli interessi di una lobby privata, quale l’amministrazione rai.
    Cosa fare allora per evitare l’imposta di possesso, una truffa ai danni del cittadino? Semplicemente: non pagare. Mettiamoci pure l’avvocato e difendiamoci sollevando la questione di incostituzionalità, dato che le forze politiche fanno orecchie da mercanti.
    Poi, apriamo un sito che smuova tutta l’opinione pubblica (siamo sicuramente di più rispetto a quelli che vogliono pagare, ed essendo in democrazia, vinceremo) a chiedere un referendum popolare: spetta a noi decidere, noi siamo lo Stato, non i partiti del ‘magna magna’ che rubano miliardi senza responsabilità alcuna.
    Il televisore non è un bene di lusso, lo diventa solo quando lo si paga più del dovuto, sommando tutti i canoni pagati ingiustamente nel corso degli anni.

  4. Ho seguito il consiglio di Thor ovvero sollevare la questione di costituzionalita’.

    Ho pagato la sola tassa di concessione governativa di 4.13 euro (obbligatoria in caso di possesso di apparecchiature radiotelevisive e quindi non posso essere considerato evasore) mentre non ho pagato il canone e il relativo sovrapprezzo che, in quanto gravati da IVA al 4%, costituiscono cessione di beni e servizi.

    Peraltro e’ stato affermato (e non da uno qualunque ma dalla Corte di Cassazione) che la RAI sarebbe un Public Equivalent Body secondo il diritto comunitario.

    Se cosi’ e’ allora dovrebbe sottostare alle regole democratiche di rappresentanza ovvero obbedire al principio del “no taxation without representation”

    Dato che la forma giuridica della RAI e la Spa allora, per soddisfare tale principio, deve essere assegnata, a titolo gratuito, a ogni cittadino italiano una azione con diritto di voto.

    In caso di causa (scusate la cacofonia) chi aderisce ad una class action in tal senso?

    Aspetto adesioni

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