Immatricolazioni auto UE: arriva nuovo modello F24

Anche nella settimana di Ferragosto non mancano in Italia le novità in materia fiscale. In data odierna, 10 agosto 2009, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha infatti firmato un provvedimento con quale viene modificato il nome e la finalità di utilizzo del modello F24 auto UE; il modello, infatti, anche al fine di includere anche altre tipologie di versamenti a mezzo F24 con dati non riportabili sul modello ordinario, non si chiamerà più “F24 Iva immatricolazione auto Ue”, ma “F24 Versamenti con elementi identificativi”. Con il nuovo modello, che quindi cambia look, si potrà così continuare a pagare l’imposta sul valore aggiunto (IVA) sull’acquisto di veicoli a livello intracomunitario, facendo però attenzione al fatto che nell’“F24 Versamenti con elementi identificativi”, rispetto a “F24 Iva immatricolazione auto Ue”, cambiano per alcuni campi le dizioni.

Tazzine e cartoni di pizza non costituiscono prova di evasione fiscale

La sentenza pubblicata dalla Commissione tributaria provinciale della città di Agrigento ha dato ragione alla proprietaria di un ristorante-pizzeria siciliano, la quale era stata accusata di aver evaso il fisco per ben 72.169 euro in Iva e Irap nel 2004. Il principio su cui si è basata questa sentenza è abbastanza semplice: infatti, si parte dal presupposto che tazzine di caffè e cartoni di pizza non costituiscono dei ricavi veri e propri, dunque il metodo induttivo non sempre può funzionare in questo senso, soprattutto quando il fisco non fornisce al giudice la lista dei prezzi del presunto evasore. Come si era arrivati all’accusa di evasione? Secondo le Entrate di Canicattì, il ristorante, il quale era stato oggetto di quattro accertamenti in un solo anno, non andava a contabilizzare le rimanenze: il fisco, pertanto, era andato a “ricostruire” i presunti ricavi sulla base del conteggio di tazzine, bicchierini e cartoni, il cosiddetto metodo induttivo, appunto. Si tratta di una tipologia di accertamento ritenuta legittima dalla Cassazione attraverso varie sentenze, ma in questo caso non ricorrono i presupposti di base.

 

Iva dichiarata ma non pagata: sanzioni

L’IVA è un’imposta indiretta sui consumi entrata in vigore l’ 1/1/73 e applicata da tutti i paesi della Comunità Economica Europea. Si tratta di un’imposta che colpisce soltanto il valore aggiunto ossia la differenza tra i ricavi conseguiti dalla vendita del bene o dalla prestazione del servizio ed il costo sostenuto per lo stesso bene o servizio. Quando un’operazione é quindi assoggettata ad Iva? Vi sono tre presupposti la cui sussistenza porta un’operazione ad essere assoggettata ad Iva:

1. presupposto oggettivo: l’oggetto dell’operazione deve essere una cessione di beni o una prestazione di servizi rientrante tra quelle previste dalla normativa;
2. presupposto soggettivo: le operazioni di cui al punto precedente devono essere effettuate nell’esercizio di imprese, arti e professioni. Ecco perchè una vendita effettuata tra privati non é assoggettata ad Iva;
3. presupposto territoriale: le operazioni devono essere effettuate all’ interno dello stato.

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Attività chiropratica: vale l’Iva ordinaria al 20%

La risoluzione 197/E, pubblicata nella giornata di ieri dall’Agenzia delle Entrate, è entrata nel merito del rapporto tra imposizione fiscale e attività di chiroterapia: secondo quanto disposto dal documento, le prestazioni che vengono offerte dai professionisti di questa particolare disciplina non possono essere considerate come sanitarie e, di conseguenza, non sono esenti dall’Iva come le altre. Le attività dei chiropratici devono, quindi, forzatamente, scontare l’aliquota del 20%, in attesa comunque che intervenga un decreto per definire quali sono le competenze professionali degli operatori di questo settore. La pubblicazione del documento si è resa necessaria a seguito dell’istanza presentata proprio da un dottore in chiropratica, il quale, da contribuente, riteneva che i servizi da lui posti in essere rientrassero tra quelli sanitari e quindi che fossero esenti dall’Imposta sul Valore Aggiunto.

 

L’Ue vara un nuovo corso in e-learning per Fiscalis 2013

La Commissione Europea ha provveduto a sviluppare un corso in e-learning (la modalità telematica di apprendimento a distanza) che andrà a integrarsi col programma Fiscalis 2013: in sostanza si tratta di sei ore di formazione dal punto di vista teorico e pratico e di altri 14 moduli dedicati sempre al progetto dell’Unione Europea. Quali obiettivi si vogliono perseguire in tal senso? Anzitutto, l’intento principale è quello di agevolare i compiti e i lavori svolti dai funzionari delle varie amministrazioni finanziarie europee, ma non solo; infatti, il corso offre la possibilità, a tutti coloro che hanno intenzione di andare ad approfondire gli argomenti legati al Fisco, di avere una buona conoscenza di base per quel che riguarda la direttiva comunitaria 112 del 2006, meglio conosciuta come “direttiva Iva”. Quest’ultima ha revisionato la struttura normativa di una precedente direttiva del 1977 e, da circa due anni, rappresenta il punto di riferimento principale per tutta la legislazione europea in materia. Ma la prospettiva non è solo comunitaria, in quanto tale norma è anche la base fondamentale della legislazione nazionale sull’Imposta sul Valore Aggiunto. La direzione generale delle fiscalità insieme all’Unione doganale della stessa Commissione Europea hanno curato nel dettaglio la formazione che viene proposta nel corso.

 

Compensazioni IVA: sono automatiche solo sotto i 15 mila euro

Le compensazioni dei debiti fiscali con i crediti relativi all’imposta sul valore aggiunto (IVA) potranno avvenire in via automatica solamente fino al tetto dei 15 mila euro. Lo prevede, in accordo con quanto approvato presso la Commissione Bilancio e Finanze della Camera dei Deputati, un emendamento al “Decreto anticrisi”; viene quindi innalzata la soglia di compensazione dei debiti con i crediti IVA precedentemente posta a diecimila euro; oltre i 15 mila euro, invece, per poter applicare il meccanismo della compensazione sarà necessario ottenere il relativo visto di conformità da parte di un intermediario abilitato. Per quanto riguarda le compensazioni, a fronte delle novità previste dal “Decreto anticrisi“, a partire dal prossimo anno si inasprirà comunque la lotta ed il contrasto alle compensazioni fittizie, illecite ed inesistenti.

Contribuenti minimi: come e quando cessa l’applicazione del regime fiscale

Quei contribuenti che, oltre a rispettare tutti gli altri requisiti, hanno anche un giro d’affari annuo inferiore ai 30 mila euro, e/o percepiscono compensi non superiori alla soglia indicata, possono avvalersi del regime fiscale semplificato dei “contribuenti minimi”. L’adesione a tale regime, pur tuttavia, è valida fino a quando per ogni anno di imposta il contribuente riesce a rientrare nei limiti di ricavi o di compensi previsti, unitamente a tutte le altre condizioni; nel momento in cui infatti una delle condizioni viene meno, il contribuente sarà obbligato a tornare ad applicare il regime fiscale ordinario. Di norma, l’applicazione del regime dei minimi cessa a partire dall’anno successivo a quello in cui il contribuente non ha più rispettato le condizioni per potersene avvalere; ma, se accade che nell’anno di imposta viene conseguito un giro d’affari superiore di oltre il 50% alla soglia ammessa dei 30 mila euro, allora il regime ordinario scatterà immediatamente nello stesso anno di imposta.

Contribuenti minimi: le agevolazioni sull’IVA e sull’IRPEF

I contribuenti titolari di partita IVA che hanno un basso giro d’affari possono avvalersi già da tempo del cosiddetto “regime dei contribuenti minimi“, che garantisce semplificazioni a livello contabile oltre a numerose esenzioni di imposta. Una delle agevolazioni del regime è quella dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto; il contribuente, di norma un piccolo lavoratore autonomo, o libero professionista, può infatti emettere le fatture senza IVA ai sensi del “regime dei minimi”, ragion per cui non è obbligato/tenuto al versamento mensile o trimestrale dell’imposta sul valore aggiunto. L’esenzione IVA vale sia sui ricavi, sia sui costi; questo significa che un contribuente in “regime dei minimi” emette le fatture senza IVA ma non può scaricare l’imposta sul valore aggiunto pagata per gli acquisti; c’è quindi esenzione IVA sui ricavi e divieto di detrazione IVA sugli acquisti.

Studi di settore: l’adeguamento all’Iva è anche rateale

Nel caso l’Iva sia conseguente all’adeguamento al volume d’affari nell’ambito dell’applicazione degli studi di settore, il versamento dell’imposta può anche essere effettuato a rate: è quanto emerge dal Decreto legge 78 del 2009 pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Tra l’altro, a tal proposito bisogna anche ricordare che il Dpr 195/99 (il regolamento che disciplina nello specifico tempi e modalità di applicazione degli studi di settore) ha stabilito che non sono previste sanzioni o interessi per quei contribuenti che indicano nelle dichiarazioni ricavi non annotati nelle scritture contabili: stesso discorso vale anche per l’adeguamento al volume d’affari che deriva dall’applicazione degli studi, ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto. La novità della soluzione rateale in questo senso è dunque stata apportata dal nuovo decreto anti-crisi (le rate sono di uguale importo con una maggiorazione dello 0,40% di interessi).

 

Compensazioni fiscali: dal 2010 le maglie si stringono

A partire dal prossimo anno, a livello fiscale, ci sarà un vero e proprio giro di vite contro il fenomeno delle compensazioni di crediti fittizi ed inesistenti; a farlo presente con una nota è stata nelle ultime ore l’Agenzia delle Entrate nel precisare che, in accordo con quanto contenuto nella manovra anticrisi del Governo, le nuove disposizioni avranno decorrenza a partire dal prossimo anno anche per non creare disparità di trattamento nei confronti di chi, entro la metà del mese scorso, ha già provveduto ad effettuare i versamenti delle tasse rinvenienti da Unico 2009 avvalendosi della compensazione. La “stretta” sulle compensazioni, quindi, non andrà ad interessare i versamenti che i contribuenti, siano esse società o persone fisiche, si appresteranno a fare nel mese corrente. Nel dettaglio, dal prossimo anno prima di poter portare in compensazione, ad esempio, dei crediti sull’imposta sul valore aggiunto (IVA), gli importi dovranno prima essere comunicati con delle modalità ad hoc all’Agenzia delle Entrate.

Rimborsi IVA: l’arretrato sui pagamenti è stato azzerato

In Italia il Fisco ha raggiunto un “record storico”. Non trattasi di un record negativo, come avviene purtroppo di sovente, ma di un primato favorevole per i contribuenti; il Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha infatti reso noto durante una conferenza stampa che in Italia, per la prima volta nella storia, non ci sono arretrati nei pagamenti per quanto riguarda i rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto (IVA). Giulio Tremonti, tra l’altro, ha sottolineato come anche lo smaltimento dei rimborsi IVA, per quanto dovuti, sono in grado di rimettere in moto l’economia visto che permettono alle imprese, specie quelle medie e piccole, di incrementare la propria cassa. E riguardo alle entrate fiscali, il Ministro dell’Economia è intervenuto in merito ad una recente dichiarazione del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il quale ha dichiarato come per quest’anno sia atteso un calo delle entrate fiscali attorno ai 37 miliardi di euro.

Approvazione definitiva per la legge svizzera sull’Iva

Il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati che appartengono alla Confederazione svizzera sono infine giunti alla conclusione sul provvedimento relativo al rendiconto dell’Iva per la nazione elvetica: l’obiettivo principale di questa iniziativa è quello di riuscire a ridurre le complessità collegate a tale operazione e diminuire gli oneri amministrativi a carico delle imprese. Le maggiori agevolazioni per il futuro riguarderanno le modalità di calcolo dell’imposta per la deduzione dal rendiconto, in quanto sarà possibile andare oltre la tradizionale procedura svizzera di autorizzazione; inoltre, fino al limite del volume d’affari annuo pari a 5 milioni di franchi svizzeri, le nuove aziende avranno la possibilità di applicare un metodo semplificato di rendiconto Iva. Si tratta certamente di vantaggi e novità importanti, ma vi sono dei passaggi che rimangono da completare: in particolare, va perfezionata l’elaborazione dell’ordinanza del Consiglio Federale, contestuale alla stessa legge.

 

Acquisti elevati e basse vendite: per la Cassazione è un indizio di evasione

L’ordinanza numero 14375 che la Corte di Cassazione ha provveduto a depositare circa una settimana fa è intervenuta per spiegare quali tipi di indizi possono essere addotti per parlare di una vera e propria evasione fiscale: in particolare la Corte, ritenendo ammissibile il ricorso al metodo induttivo per accertare l’imposta dovuta dell’Iva, ha spiegato che può bastare anche un solo, ma grave, indizio, ovvero la concomitanza di molte fatture di acquisto e di poche fatture di vendita. La sentenza della Corte si è resa necessaria dopo la richiesta di chiarimenti circa il caso di una società; quest’ultima, infatti, aveva la particolarità di registrare fin troppi acquisti, senza che corrispondesse, dall’altro lato, una stessa quota di vendite. Questo fattore aveva fatto sì, nel caso in questione, che l’ufficio Iva avesse provveduto all’accertamento dell’imposta e al recupero a tassazione, motivando il suo comportamento con l’ipotesi che una conduzione dell’impresa di questo tipo equivalesse a una forte presenza di evasione dall’Iva.

 

Per salse aromatizzate e funghi porcini vale l’Iva al 10%

La risoluzione 164/E dell’Agenzia delle Entrate ha precisato alcune disposizioni relative all’applicazione dell’Iva nell’ambito alimentare: in sostanza, secondo quanto precisato dal documento, l’Imposta sul valore aggiunto rimane al 4% nel caso in cui il prodotto alimentare contiene una specifica quantità di grasso da latte, mentre nel caso in cui tali limiti vengano superati, un prodotto come il burro al tartufo viene considerato come “salsa aromatizzata”, categoria assimilabile ai condimenti e che sconta quindi l’aliquota del 10%. È sempre il tartufo a maggiorare il trattamento fiscale di altri prodotti, come ad esempio le farine di mais e di grano. L’interpello da cui ha preso spunto la pubblicazione di questa circolare si riferisce al caso di una ditta che aveva chiesto quale aliquota Iva applicare a prodotti contenenti tartufo e funghi porcini. Le Entrate hanno precisato anzitutto che la loro risoluzione vale solo come consulenza giuridica, in quanto la determinazione dell’imposta deriva dalla classificazione merceologica dell’alimento. Nello specifico, l’azienda ha suddiviso i prodotti aromatizzati al tartufo in tre categorie, caseari, farinacei e alimentari, prevedendo per i primi due l’Iva al 4% e del 10% per la terza categoria.