Home » IRPEF » Tasse: le linee di pensiero del Governo sull’Irpef

Tasse: le linee di pensiero del Governo sull’Irpef

All’interno del Consiglio dei Ministri fervono le discussioni circa le più importanti tematiche fiscali da affrontare: per il momento sembra prevalere la linea di azione del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, anche se le discussioni non sembrano finite qui. Importante in questo senso è stato il discorso di Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo economico, intervenuto ad Arezzo nel corso di una convention del Pdl: secondo il ministro, infatti, le tasse possono essere ridotte già a partire dal prossimo anno, mentre il 2010 rappresenterà l’anno di avvicinamento al traguardo. Il sentiero è già stato tracciato da Tremonti; riduzione dell’Irpef, aumento delle aliquote relative all’Iva, innalzamento delle tasse sui consumi, obiettivi ambiziosi, ma da raggiungere senza accelerare i tempi.

 

Dunque, il governo appare diviso proprio sulla tempistica da adottare in questo senso, attendismo da una parte e interventismo immediato dall’altra. Intanto, la Cgil si appresta a scendere in piazza a marzo per chiedere espressamente la riduzione delle tasse. Non è passato molto tempo dall’annuncio del premier Silvio Berlusconi di voler riportare in auge l’idea delle due sole aliquote dell’Irpef, vale a dire quella del 23%, in relazione a tutti quei redditi che non superano i 100.000 euro, e quella del 33% per tutto il resto. Ma questo progetto tributario deve anche fare i conti con gli otto miliardi aggiuntivi di spesa che sono stati notificati da via XX settembre circa gli interessi sul debito provocato dalla crisi economica.

 

Pertanto, la soluzione di compromesso illustrata da Scajola sembra la più percorribile al momento: sulle riforme fiscali andranno sicuramente a influire numerosi fattori, tra cui il debito pubblico, le aste previste per i prossimi mesi per la collocazione dei titoli dello stesso debito e, in particolare, la crescita della spesa. Le riforme potrebbero aver luogo nel caso di un Pil oltre l’1%, visto che soltanto con questa ipotesi il governo potrebbe cominciare a ridurre il peso fiscale sulle famiglie, sfruttando l’attuale bassa inflazione.