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Tassa di soggiorno a Napoli: albergatori in rivolta

La tassa di soggiorno è ormai realtà anche a Napoli: ci si sta abituando al fatto che la maggior parte dei comuni italiani si affidi a tale imposta per ottenere nuove risorse in grado di assestare i loro bilanci pericolanti. Nel caso della città partenopea esistono tariffe ben precise, vale a dire un euro per quel che riguarda gli alberghi che sono contrassegnati con due stelle, fino ad arrivare a un massimo di quattro euro per le strutture ricettive più lussuose. La misura fiscale in questione, invece, non ricomprende gli hotel che vantano una sola stella e i cosiddetti bed&breakfast, in modo da evitare che la tassa colpisca le fasce più giovani di età.

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In effetti, non bisogna dimenticare che l’imposta di soggiorno viene applicata nei confronti di queste strutture, ma che poi viene scaricata direttamente sul visitatore o turista. Il Comune ha giustificato l’introduzione col fatto che si tratta di una scelta obbligata, visto che i tagli che sono stati operati ai finanziamenti regionali e a quelli governativi stanno imponendo nuovi metodi per sostenere le casse municipali: il gettito del tributo, comunque, sarà sfruttato per interventi di decoro urbano e per la promozione del turismo. Purtroppo, però, queste motivazioni non hanno convinto gli albergatori, fortemente contrari alla novità.

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La Federalbeghi ha proposto addirittura di declassare le strutture a una stella, in modo da scongiurare l’applicazione, mentre sono già pronti a scatenarsi i sindacati di categoria. La differenza di prezzo che è stata evidenziata è presto detta: secondo Confindustria Aica (l’associazione che raggruppa le compagnie alberghiere del nostro paese), una stanza doppia a Roma viene a costare mediamente 140 euro, ma la quota è di tre euro per gli alberghi a quattro stelle, mentre a Napoli si dovranno versare quattro euro a prescindere. La richiesta della sigla sindacale, pertanto, è quella di ottenere un confronto nel più breve tempo possibile.