Federalismo fiscale regionale: rischio aumento tasse locali

Con l’entrata a regime del federalismo fiscale regionale, si rischia un aumento delle tasse locali fino, complessivamente, a ben sei miliardi di euro. A ricavare questo dato è stato l’Ufficio Studi della CGIA di Mestre andando ad applicare i contenuti e le disposizioni presenti attualmente nel decreto sul federalismo fiscale regionale in discussione presso la Commissione bicamerale. Al riguardo, innanzi tutto, l’Associazione degli artigiani mestrina fa presente come il dato ricavato, frutto di una stima, sia del tutto teorico in quanto si basa sul presupposto che, a partire dall’anno in corso, e fino all’anno 2015, le Regioni italiane vadano ad aumentare l’aliquota regionale, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef), fino al livello massimo consentito dal Decreto stesso. Ma a quanto ammontano queste aliquote massime?

Federalismo fiscale: il Nord nel breve ci guadagna

Il federalismo fiscale, nel momento in cui entrerà non solo in vigore, ma anche a regime, andrà ad innescare una vera e propria rivoluzione amministrativa visto che buona parte della tasse che pagano i cittadini rimarrà sul territorio. Questo alla lunga dovrebbe permettere una migliore gestione della cosa pubblica ma anche la presenza di amministratori più responsabili visto che non sarà più lo Stato centrale a garantire le risorse e, spesso, così come avvenuto in passato, a coprire il profondo rosso delle casse regionali, comunali e provinciali. Ma in prima battuta quali aree del nostro Paese trarranno vantaggi immediati e tangibili dal federalismo fiscale? Ebbene, stando ad un Rapporto a cura dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre sarà il Centro Nord, con il federalismo fiscale, ad avere più soldi, mentre il Sud Italia ne avrà meno; a questo risultato l’Associazione degli artigiani mestrina è giunta andando a calcolare proprio le imposte che resteranno con il federalismo fiscale ai Comuni, ed i fondi che non arriveranno più per effetto dei tagli ai trasferimenti statali.

Federalismo fiscale: rischio divario economico per un italiano su due

Nel nostro Paese un italiano su due, per la precisione il 50,2% della popolazione, teme che l’entrata in vigore del federalismo fiscale contribuirà ad allargare il divario economico tra il Nord ed il Sud del Paese. A rilevarlo è il Censis nel sottolineare come le attese sulla riforma del fisco in senso federalista spacchino in due il Paese. Il Rapporto del Censis arriva tra l’altro proprio oggi, giovedì 3 febbraio 2011, quando da pochissime ore la Commissione Bicamerale, con un pareggio, 15 a 15, ha respinto il Testo sul federalismo fiscale proposto dall’attuale Governo in carica. In ogni caso,il Censis ha altresì rilevato, con una maggioranza al Nord, che poco più di quattro cittadini italiani su dieci ritengono che comunque il federalismo fiscale potrebbe portare nel nostro Paese ad una riduzione dello spreco di denaro attraverso una migliore gestione dei soldi pubblici.

Federalismo fiscale con amministratori responsabili

In materia di federalismo fiscale non si arriverà da subito, specie nelle Regioni italiane che sono in maggiore difficoltà, ovverosia quelle del Mezzogiorno, ad una riduzione delle tasse. A dichiararlo, nel corso di un convegno promosso dalla Regione Molise, avente come titolo “Per il Sud qualcosa di nuovo:regionalismo e federalismo possono ancora convivere“, è stata Renata Polverini, Governatore della Regione Lazio, la quale in particolare ha sottolineato come serva che si guardi non solo alla riduzione delle tasse, ma anche al miglioramento dei servizi a fronte, per il futuro, della crescita di una classe di amministratori che sia responsabile.

Irpef, Iva e Irap: cosa cambia con il federalismo

Quello del federalismo fiscale è e sarà nel nostro Paese un processo lento e lungo visto che solo nel 2018 si arriverà ad una piena e totale attuazione che stravolgerà i meccanismi di tassazione con lo Stato che, in particolare, non staccherà più “assegni” a Province ed Enti locali, e con un’autonomia fiscale che sul territorio dovrebbe garantire autosufficienza e meno sprechi con vantaggi per tutti. Questo è quanto ci si aspetta, ma chiaramente solo davanti ai fatti compiuti ed ai dati ufficiali si potrà capire se effettivamente il nuovo modello federalista potrà, tra l’altro, contribuire ad arrestare un’emorragia caratterizzata da un debito pubblico che, anno dopo anno, non fa purtroppo altro che aumentare. E allora, cosa accadrà nel breve, nel medio e nel lungo termine per imposte come l’Irpef, l’Irap e l’Iva?

Versamento imposte: la crisi impone di pagarle a rate

Si avvicina a grandi passi il momento in cui i lavoratori dipendenti, ma anche quelli autonomi, dovranno presentare il modello 730/2009 ed il modello Unico 2009. E’ tempo quindi di pagamento di imposte, dall’IRAP all’IRES passando per l’IVA e le addizionali; ma è anche il momento, per chi ne ha diritto, di sfruttare al massimo le deduzioni e le detrazioni consentite per abbattere l’IRPEF netta da andare a pagare. Ma se i lavoratori dipendenti hanno le trattenute in busta e quindi, a meno che non ci sia il cumulo con altri redditi, possono presentare il modello di dichiarazione senza patemi, lo stesso non si può dire per liberi professionisti, lavoratori autonomi e, in genere, titolari di partita IVA. In sede di presentazione della dichiarazione dei redditi, infatti, per tali categorie di contribuenti scatta l’obbligo del versamento dell’IRPEF sulle fatture, con il relativo controvalore di imposta da saldare che può essere notevole nel caso in cui le fatture siano state emesse senza ritenute. Inoltre, per chi non ha pagato il saldo IVA del quarto trimestre del 2008, il contribuente può “sfruttare” l’appuntamento con la dichiarazione dei redditi per saldarla o rateizzarla con delle piccole maggiorazioni.