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Le differenze contributive tra commercialisti ed esperti contabili

I dottori commercialisti e gli esperti contabili, come è noto, hanno i loro destini uniti dal medesimo albo professionale: questo, però, non vuol dire che la disciplina da applicare dal punto di vista dei contributi sia la stessa, anzi esiste un vero e proprio vuoto legislativo in questo senso che spesso ha provocato delle situazioni poco piacevoli. In effetti, i commercialisti hanno l’obbligo di pagare le loro somme direttamente a una cassa professionale, mentre i contabili in questione devono rivolgersi all’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (Inps). Questo vuol dire che la prossima scadenza che è stata fissata in senso temporale per quel che concerne il pagamento dei contributi alla gestione separata andrà a coinvolgere anche tale categoria.

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Quest’ultima, comunque, è composta da meno di duecento persone iscritte (i dati si riferiscono allo scorso anno e sono stati stilati dall’istituto di ricerca dei commercialisti). La differenza non piace certo agli esperti contabili, i quali sono sottoposti a una tutela previdenziale che costa di più e che presenta senza dubbio meno vantaggi rispetto a quella dei loro colleghi: l’albo di appartenenza non è stato però mai scisso ed è rimasto lo stesso per contabili e commercialisti. Ed è anche all’albo in questione che vengono imputate diverse responsabilità.

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Ad esempio, vi sono due sezioni ben distinte, una per i commercialisti e una per gli esperti contabili; l’accesso ad esse prevede però una disciplina che include requisiti molto rigidi da rispettare, anche se la differenza più netta e discriminante è proprio quella dei contributi e della previdenza che viene riservata. Alle casse, dunque, hanno accesso sono gli appartenenti alla prima sezione, mentre i secondi, i contabili appunto, devono fare riferimento all’Inps e pagare quasi un terzo dell’intero reddito all’ente, una situazione che è destinata a peggiorare, visto che si parla di una quota del 33% nel 2018.