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Carbon tax: pubblicata la lista delle compagnie australiane

Compagnie australiane di un certo peso come Alcoa e Bhp Billiton dovranno pagare a breve la carbon tax nel momento esatto in cui verrà introdotta per la prima volta, vale a dire il prossimo 1° luglio nella nazione oceaniana: si tratta soltanto di due nomi che fanno parte della lunga lista di oltre 250 società (altri due esempi interessanti sono quelli di Boral e La Trobe University) che sono chiamate a questo versamento fiscale dagli importanti risvolti per quel che concerne l’ambito ambientale. Entrando maggiormente nel dettaglio, c’è da dire che l’elenco è stato predisposto dal Clean Energy Regulator, il quale ha individuato quali sono gli enti in grado di far fronte ai ventitre dollari australiani per ogni singola tonnellata di Co2.

CARBON TAX: LO SCHEMA CINESE E QUELLO AUSTRALIANO A CONFRONTO
C’è poi da aggiungere che altre ottanta aziende si sono dette pronte a sostenere il tributo a partire dall’anno finanziario 2012-2013, dunque il loro pagamento è soltanto posticipato di qualche mese. Secondo le stime più accreditate, si sta parlando di un numero di società che rappresenta ben il 95% delle emissioni totali che sono coperte dal meccanismo in questione. La lista sarà pertanto aggiornata in maniera costante e periodica. Altri nomi ad effetto che fanno parte del gruppo sono quelli di Rio Tinto, BlueScope Steel e il Brisbane City Council.

TASSAZIONE AMBIENTALE: UN RIMENDIO CONTRO LA CRISI?

Il governo di Canberra ha già calcolato che la carbon tax locale sarà sostenuta da circa cinquecento compagnie, un numero davvero importante: il ministro per il Cambiamento Climatico, Greg Combet, ha voluto sottolineare come l’elenco inziale andrà essenzialmente a basarsi sulle emissioni che sono state riportate dalle società negli ultimi quattro o cinque anni, in modo da ottenere una prima “selezione”. I ventitre dollari di tassa non saranno modificati almeno per i primi tre anni, poi nel 2015 si provvederà a rivedere lo schema, anche se vi saranno dei tetti e dei limiti fino al 2018.