Fisco Sicilia: evasione nel campo delle affissioni pubblicitarie

Per quel che riguarda sia le attività istituzionali dei comuni, sia quelle di controllo fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate, vi rientrano tra gli ambiti di intervento rilevanti anche le affissioni pubblicitarie. A farlo presente il mese scorso è stata la Direzione regionale Sicilia dell’Agenzia delle Entrate dopo aver recuperato oltre 150 mila euro evasi da un imprenditore che “occultava” la pubblicità. Nel dettaglio, un imprenditore del siracusano pagava solo in parte l’imposta sul valore aggiunto (Iva) e le imposte dirette, e “saltava” il pagamento sia dei diritti sulle pubbliche affissioni, sia dell’imposta comunale sulla pubblicità. E’ stato proprio il Comune siciliano, attraverso la cosiddetta “segnalazione qualificata”, a notificare all’Agenzia delle Entrate la situazione anomala e potenzialmente evasiva a carico dell’imprenditore di Siracusa operante nella gestione degli impianti pubblicitari.

La pubblicità di una ditta è sempre imponibile, anche come sponsor

La pubblicità che viene realizzata con ogni tipo di comunicazione e che sia idonea a far conoscere alla gente acquirenti e clienti con nomi e recapiti deve essere sempre soggetta all’imposta sulla pubblicità: l’indicazione in questione giunge direttamente dalla Corte di Cassazione, la quale ha accolta un ricorso del Fisco con una sentenza che risale ormai a un mese fa. Che cosa è successo con esattezza? La pronuncia si è resa necessaria alla luce di una faccenda che ha visto coinvolta una spa; in pratica, questa stessa società ha impugnato tre avvisi di accertamento, visto che il suo acronimo era stato utilizzato sui capannoni aziendali e tale elemento ha portato all’assoggettabilità al tributo locale. La spa si è scagliata contro tale trattamento fiscale, chiarendo che la scritta pubblicitaria era stata utilizzata per consentire l’atterraggio ad alcune mongolfiere sportive.

Pisa: oscurati cartelli pubblicitari a causa delle tasse

A Pisa la società che gestisce la segnaletica cittadina ha già oscurato con sacchi neri decine di cartelli che indicano come raggiungere gli hotel sparsi per la città. La motivazione risiede nel fatto che molti albergatori si sono ribellati alla tassa sulla pubblicità che si aggiunge ai 90 euro a cartello per l’affitto e la manutenzione degli spazi pubblicitari.

Una serie di ricorsi alla concessionaria hanno portato quest’ultima a ribellarsi che ha reagito facendo sparire o occultando le indicazioni per trovare gli hotel. Cartelli occultati quindi, ma tra poco spariranno completamente. La società delle entrate chiede ulteriori 50 (e c’è chi ne ha da dieci in su) su ogni cartello, che aggiunti ai 90 euro fanno 140. Da qui il contenzioso con decine di ricorsi e ora alla disdetta dei contratti per la segnaletica.

Roma: tassa sui monumenti e canone Rai

Siete innamorati del Colosseo e per la pubblicità del vostro ristorante avete deciso di usare come sfondo proprio un’immagine del capolavoro romano? Fatelo, ma sappiate che l’assessore alla Cultura Umberto Croppi ha proposto una modifica della legge Ronchey, che copra opere d’arte comunali e non solo ministeriali:

Una commissione sta studiando delle nuove tariffe per l’uso dei monumenti di Roma a fini pubblicitari. Inoltre, si sta pensando a far pagare l’utilizzo delle immagini delle opere d’arte del Comune di Roma. Le tariffe per chi vorrà utilizzare l’immagine di monumenti come per esempio fontana di Trevi saranno molto più alte rispetto all’attuale tariffario.

Mentre Strasburgo conferma il canone Rai, in Spagna eliminano la pubblicità

Dopo che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato infondato il ricorso presentato da un privato cittadino contro le misure prese nei suoi confronti (tv sequestrata) per non aver pagato il canone di abbonamento al servizio pubblico, c’è qualcuno che invece non solo non vuol far pagare il canone ma anche desidera eliminare la pubblicità della tv di Stato.

I giudici di Strasburgo hanno infatti deciso che il signor Antonio Faccio debba pagare la tassa anche se non desidera guardare la Rai poiché l’imposta è dovuta per il solo fatto di possedere una televisione.

La tassa non viene pagata in cambio della ricezione di un canale particolare – si legge in una nota dei giudici – ma è un contributo a un servizio per la comunità.