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Riforma delle concessioni balneari ancora in alto mare

Riforma delle concessioni balneari sempre in alto mare, nonostante i buoni propositi del Governo Monti ed i richiami da parte della Commissione Europea. Un recente emendamento presentato dai relatori di maggioranza, Senatori Bubbico e Vicari ha infatti apportato diverse modifiche alla proposta avanzata dall’esecutivo in materia di rilascio delle concessioni. In particolare secondo l’emendamento le concessioni potrebbero rimanere così come sono per i prossimi trenta anni esponendo nuovamente l’Italia al rischio di sanzioni UE. Ricordiamo che il settore delle concessioni balneari riguarda circa 30 mila soggetti di cui 12 mila sono stabilimenti balneari.
La direttiva Bolkestein ha infatti stabilito nuove regole per il settore rispetto a quanto legiferato dal nostro paese, prevedendo di aprire molti settori (tra cui appunto quello del turismo balneare) alla concorrenza. Il regime attuale prevede che la durata delle concessioni sia di 6 anni rinnovabili altri 6 in modo automatico. Tuttavia le modifiche proposte dall’attuale Governo, introdotte con decreto legge al fine di evitare le pesanti sanzioni Ue, prorogano le attuali concessioni sino al 2015 per poi prevedere durate oscillanti tra i 6 e i 26 anni. Le proposte di cambiamento riguardavano anche le modalità di rilascio delle concessioni,visto che in futuro si prevedeva di concedere le autorizzazioni in base ai progetti economici, al fatto di non concentrare troppe concessioni nelle stesse mani.
Tuttavia le proposte di modifica non hanno riscosso consensi in molti enti e settori: Dalla CONFINDUSTRIA alla Confcommercio, Dalla Confcommercio ai partiti politici come Pdl, Udc e altri. Infatti quasi tutti i rappresentanti dei sopra citati enti hanno chiesto al ministro Gnudi di chiedere una ulteriore deroga in materia. Deroga che naturalmente è quasi impossibile da concedere visto che da molti anni la Commissione Europea ha intimato al nostro paese di adeguare la legge a quanto dettato a livello europeo. Inoltre lo stesso ministro Gnudi ha anche sollevato un altro problema relativo alle dichiarazioni dei redditi fatte dai soggetti interessati, risultate troppo basse.