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Manovra finanziaria: la tassazione del money transfer

Nell’intricata giungla della manovra finanziaria approntata dal governo figura una tassazione di cui non si sta parlando molto: si tratta dell’imposizione fiscale relativa ai trasferimenti di denaro e al recupero di quelle cifre che non sono state riscosse mediante il condono di nove anni fa. Nello specifico, i tributi in questione sono stati già decisi e stabiliti, ora sarà compito della Commissione Bilancio del Senato valutare la reale opportunità di tali provvedimenti. Per quel che riguarda il recupero del denaro a cui si faceva riferimento in precedenza, c’è da dire che il prossimo 31 dicembre sarà il termine ultimo da rispettare in maniera perentoria, altrimenti si rischia di ricevere una multa di importo pari alla metà delle somme stesse. Tra l’altro, la Finanza potrebbe decidere in questi casi di controllare in modo ancora più approfondito anche altri periodi d’imposta.

Riguardo, invece, al settore del money transfer, il discorso è semplice da spiegare: in pratica, si tratta di una normale imposta di bollo, la cui aliquota è stata fissata al 2% e il cui ammontare minimo non potrà essere inferiore ai tre euro. Ovviamente si andranno a colpire questi spostamenti valutari all’estero, realizzati normalmente con delle agenzie (il tipico esempio è quello della Western Union) o mediante l’ausilio di alcuni intermediari. I contribuenti che non sono coinvolti da quest’ultima novità sono tutte quelle persone fisiche che vantano una matricola rilasciata dall’Inps e un codice fiscale. C’è qualche polemica, comunque, da questo punto di vista.

In effetti, l’aver indicato in tal modo la platea di soggetti coinvolti implica che perfino gli immigrati vengano colpiti, un argomento posto all’attenzione generale dal Partito Democratico. Rimane il fatto che questo testo non è ancora definitivo e può subire delle modifiche da un momento all’altro: per ora vi sono queste disposizioni, ma non è escluso che nuove tasse e nuove aliquote vengano introdotte a breve.