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Aliquote irpef 2009: troppo alte per lavoratori e pensionati

Negli ultimi due anni la crisi ha da un lato eroso i redditi, e dall’altro ha contribuito ad erodere il potere d’acquisto dei lavoratori, dei pensionati e, nel complesso, delle famiglie. L’italiano meglio al giorno d’oggi se la passa mediamente peggio rispetto agli anni pre-crisi, specie se prendiamo a riferimento i pensionati ed i lavoratori dipendenti, sui quali continuano ad essere applicati, con le aliquote irpef, gli stessi livelli di tassazione di quanto se la passavano meglio. Di conseguenza, per far recuperare potere d’acquisto ed una porzione di benessere ai lavoratori dipendenti ed ai pensionati le soluzioni sono due: aumentare la loro busta paga, ovverosia rivedere i contratti collettivi nazionali con delle adeguate rivalutazioni per salari e stipendi; oppure abbassare il livello di tassazione sulla busta paga stessa permettendo quindi al lavoratore di guadagnare di più.

Nelle scorse settimane s’era pensato, come misura una tantum, di detassare le tredicesime, ma poi il costo per lo Stato, pari ad alcuni miliardi di euro, non presenti nelle casse se non introducendo altre tasse, ha fatto naufragare ogni buon proposito in merito. Ma più che misure una tantum, tanto per dare slancio ai consumi ma solo per il brevissimo periodo, servirebbero misure strutturali sia attraverso una riduzione dell’Irpef, ed in particolare della prima aliquota, quella al 23%, sia aumentando la possibilità per i lavoratori dipendenti ed i pensionati di avvalersi delle detrazioni.

Per accompagnare le famiglie fuori dalla crisi, infatti, non basta la politica dei bonus una tantum, che danno sollievo solo per pochi mesi per poi tornare punto ed a capo, visto che in questo momento il mercato del lavoro in Italia non scoppia di certo di salute. E neanche la social card, per quanto utile, può far riacquistare alle famiglie quel livello dignitoso di vita che con la crisi si è perso e che si rischia di non poter più rivedere.