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Crisi: impossibile ridurre il prelievo fiscale

Le imposte sulle società, dopo un decennio di ripetuti tagli alle aliquote oggi fermano la corsa al ribasso. La recessione economica ormai tocca l’economia reale, non é più, limitata come un anno fa, agli istituti creditizi.

Con la crisi economica, in molti paesi e’ stata fatta la scelta di salvare le banche, nella assunzione che fosse la scelta costituzionale piu’ razionale – sottolinea il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, nel suo intervento al Meeting di Rimini, al convegno ‘Oltre la crisi’ -. Credo che si aprira’ su questo una riflessione, ma e’ certa una cosa e non ve la raccontano i banchieri: forse questa crisi e’ uguale a quella del ’29, ma quello che ha fatto Roosvelt non e’ quello che e’ stato fatto ora.

Aumenta così il debito pubblico.

E quando adesso ti vengono a dire che si e’ creato un eccesso debito pubblico, non ti dicono – continua Tremonti – che si e’ creato per eccesso debito privato: un conto e’ il debito pubblico che cresce se scende Pil a causa crisi; un conto e’ quando il debito aumenta non perche’ sono stati fatti investimenti pubblici, sostegni a famiglie, imprese, ma perche’ sono stati fatti investimenti verso banche. Non puoi dire che e’ la stessa cosa. Insomma una scelta che si fa per salvare i signori delle banche.

È una delle conseguenze della recessione da cui l’economia globale cerca di uscire. Così non possono diminuire le tasse sulle imprese, già provate dalla crisi. Nessuno tra i grandi paesi ha ridotto il peso del prelievo sulle società nell’ultimo anno (solo Repubblica Ceca, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia hanno ridotto leggermente le aliquote).

Non solo, in realtà le casse dello Stato piangono e probabilmente uno dei pensieri degli uomini di governo é proprio quello di salvare il Tesoro dello Stato. Così la crisi, quindi, colpisce le imprese anche sul fronte fiscale.