Home » Tasse » La Scozia sta pensando di tassare le bottiglie di whisky

La Scozia sta pensando di tassare le bottiglie di whisky

Amo il mio whisky vecchio e le mie donne giovani amava ripetere l’attore e regista americano Errol Flynn: forse oggi non la penserebbe allo stesso modo, soprattutto dopo aver appreso che questa bevanda alcolica potrebbe essere a breve tassata da parte del governo scozzese. La nazione britannica è infatti la patria del whisky, anche se la maggior parte delle imprese che provvedono alla sua commercializzazione non hanno questa nazionalità. A conti fatti, ben i quattro quinti dell’industria in questione non è localizzata a Edimburgo e dintorni, con 4,2 miliardi di sterline che vengono fatturate in paesi stranieri.

Ecco perché l’economia scozzese non ne trae alcun beneficio di sorta. Basta pensare ad alcuni dettagli. Le aziende del paese nordeuropeo sono soprattutto di piccole dimensioni e subiscono in maniera evidente la concorrenza da parte dei colossi del comparto: nello specifico, si tratta della Chivas (parte integrante della francese Pernod Richard) e della Diageo (la sede ufficiale si trova a Londra per la precisione). La Scozia sta puntando con decisione all’indipendenza dalla Gran Bretagna (vedi anche L’unione monetaria in caso di indipendenza della Scozia), ma che ne sarà dell’autosufficienza economica? Questa bottle tax, la tassa sulla bottiglia per intenderci, potrebbe essere una soluzione in tal senso.

Si tratta di applicare un balzello pari a una sterlina per ogni bottiglia, denaro che sarà pagato da tutti i produttori di whisky, sia quelli scozzesi sia quelli che non lo sono. Se si pensa che lo scorso anno le bottiglie distillate in questo Stato sono state ben 1,3 miliardi, si possono immaginare gli incredibili introiti finanziari. C’è anche chi non è d’accordo, però, visto che si temono i disincentivi agli investimenti. L’introduzione della tassa dovrà essere ancora discussa e non mancheranno le puntualizzazioni sui pregi e i difetti: il settore impiega attualmente diecimila dipendenti, ma può contare anche sui coltivatori di orzo e sul turismo eno-gastronomico.