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L’avv. Paolo Borrelli: il trust non è un rapporto fiduciario

In Italia è possibile avvalersi del trust sulla base della ratifica della Convenzione dell’Aja del 1985 che ne consente l’utilizzo per separare dal patrimonio di un soggetto alcuni beni per il perseguimento di specifici interessi a favore di determinati beneficiari.

L’avvocato Paolo Borrelli, fondatore dello Studio Legale Borrelli, spiega i meccanismi alla base di questo istituto giuridico.

“Il trust – afferma Borrelli- si sostanzia in rapporti giuridici istituiti dal disponente (settlor o grantor) che, di norma, trasferisce, per atto inter vivos o mortis causa, beni o diritti a favore del trustee il quale li amministra, con i diritti e i poteri di un vero e proprio proprietario, nell’interesse (meritevole) dei beneficiari o per uno scopo prestabilito. È possibile, altresì, che sia nominato un guardiano (protector), con il compito di vigilare sull’operato del trustee e con il potere di opporre l’esistenza del trust verso i terzi”.

Con l’istituzione del trust, da stipulare per iscritto dinanzi al notaio o mediante testamento, il disponente ottiene la separazione dalla parte di patrimonio che conferisce in trust da quella che resta nella sua sfera patrimoniale.

Il trust non si può considerare come un rapporto fiduciario, dove la società fiduciaria, in forma anonima, è intestataria dei beni interessati, che restano però di proprietà del cliente; nell’istituto del trust i beni costituiscono una massa patrimoniale separata e distinta da quella del disponente e del trustee.

“I beni posti in trust – osserva l’avv. Paolo Borrelli – costituiscono, a tutti gli effetti, un patrimonio separato rispetto ai beni residui che compongono il patrimonio del disponente e del trustee, con l’effetto di una vera e propria segregazione patrimoniale. Ne deriva, quale principale conseguenza, che i beni vincolati alla finalità del trust non potranno essere oggetto di azioni cautelari o esecutive da parte dei creditori personali del disponente del trustee e del beneficiario dove esistenti, almeno nella misura in cui questi abbiano una mera aspettativa di godere in futuro del patrimonio e/o dei suoi frutti”.

Il Trust, non presentando i limiti del fondo patrimoniale è molto più adatto a soddisfare efficacemente le esigenze economiche della famiglia indipendentemente dai beni in trust e dal perdurare del vincolo matrimoniale.

In questo contesto, il trust viene utilizzato per diverse situazioni. In situazioni di separazione/divorzio, c’è la necessità di separare i beni comuni e vi sono casi in cui è prioritario tutelare i figli minorenni oppure non capaci di gestire il patrimonio per altri motivi. I beni trasferiti in trust vengono pertanto separati, assicurando la loro destinazione a vantaggio dei figli.

“La particolarità del trust – conclude l’avvocato Borrelli – sta nel fatto che l’andamento dei beni viene attuato non attraverso un mandato ma mediante un vero e proprio trasferimento di proprietà, per cui il trustee diviene legittimo e pieno proprietario dei beni fino all’esaurimento della propria missione, e il disponente perde la titolarità del patrimonio conferito o comunque non può rivendicare alcun diritto reale sui beni conferiti in trust anche da terzi. Affinché il trust non venga dichiarato nullo (sham trust), vi sono due capisaldi da rispettare: il disponente dei beni in trust “perde l’elettivo controllo” sugli stessi e che il trust sia irrevocabile e quindi il patrimonio del disponente non potrà più ritornare nella proprietà di quest’ultimo”.