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Le mostre culturali e l’imponibilità Iva

L’Imposta sul Valore Aggiunto fa davvero sbizzarrire i contribuenti per quel che riguarda le domande, i dubbi e le perplessità: ad esempio, ci si può chiedere se esistono o meno anche delle mostre a forte caratterizzazione culturale che non sono imponibili ai fini del tributo in questione. La risposta è presto detta e ovviamente per ottenerla bisogna far riferimento al cosiddetto “Decreto Iva”, il Dpr 633 del 1972. Secondo quanto previsto dal ventiduesimo numero del decimo articolo (vale a dire quello che elenca le operazioni che sono esenti dall’imposta), possono essere ricomprese nel novero delle “privilegiate” solamente quelle mostre a carattere culturale e sociale che siano in grado di dimostrare dei requisiti ben precisi.

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Anzitutto, vi deve essere una esposizione in degli spazi appositi di quadri, fotografie o altri beni che si possono considerare di utilità sociale e culturale, in modo che si consenta la visita al pubblico per potere ammirare tutto questo. In aggiunta, non sono imponibili nemmeno quelle mostre che cercano di perseguire uno scopo di divulgazione e che quindi mirano alla promozione della conoscenza, senza alcuna distinzione tra quella storica e quella artistica. Non bisogna dimenticare, poi, la totale assenza di qualsiasi tipo di scopo speculativo e commerciale, come previsto anche da alcune risoluzioni della nostra amministrazione finanziaria.

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L’imponibilità, al contrario, non può essere evitata nel caso in cui le mostre in questione non hanno carattere culturale, così come accade per le fiere, le quali scontano appunto l’Iva. Queste ultime, infatti, non sono altro che attività di tipo spettacolistico e necessitano di conseguenza della certificazione che di solito di usa per le attività di questo genere. Nel 2004, infine, l’Agenzia delle Entrate si è occupata proprio di mostre culturali e del loro trattamento tributario, precisando come i corrispettivi delle visite debbano essere certificati attraverso degli appositi titoli di accesso.