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I redditi tassabili di un chiaroveggente

Viene da Trieste un’ulteriore e importante precisazione in senso fiscale: la Commissione Tributaria Regionale della città friulana ha infatti sentenziato come sia legittimo l’operato di un ufficio che recuperi a tassazione i redditi non dichiarati da un contribuente e che sono stati percepiti dall’attività di ministro di un culto religioso non riconosciuto. Il recupero in questione è quello che avviene mediante avvisi di accertamento (vedi anche Clero secolare: circolare dell’Inps sul contributo degli iscritti). Tutto è nato da un processo verbale delle Fiamme Gialle nei confronti di conti correnti intestati a questo contribuente.

In pratica, dalle movimentazioni bancarie erano emerse più annualità d’imposta, un fatto incompatibile con la situazione del reddito del soggetto in questione, il quale percepiva una pensione minima. Le maggiori somme percepite sono quindi state recuperate a tassazione. La situazione si può spiegare in maniera piuttosto semplice. Il contribuente coinvolto era in possesso di un terreno e di un fabbricato in cui esercitata tale culto celebrando liturgie e distribuendo acqua “benedetta” ottenuta da un suo pozzo. Si trattava dunque di un vero e proprio chiaroveggente come si sente parlare molto spesso, come emerso in modo netto e inequivocabile dal sito web dedicato al luogo.

Il soggetto aveva quindi impugnato tutti gli avvisi di accertamento, qualificando le proprie movimentazioni come donazioni liberali nei confronti dei suoi fedeli. Il ricorso è stato poi rigettato totalmente dalla Commissione Tributaria Provinciale, visto che l’ente di culto non è stato riconosciuto in quanto tale. La Ctr triestina ha poi confermato questo indirizzo. Molto utili in tal senso sono state senza dubbio le testimonianze rilasciate dai fedeli di cui si sta parlando. Tra l’altro, un indirizzo simile era stato indicato in diverse sentenze anche dalla Corte di Cassazione, secondo cui l’utilizzo di dati che sono stati acquisiti presso le aziende di credito non è mai subordinata alla prova che il contribuente ponga in essere un’attività d’impresa.