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Tasse e contributi: pressione fiscale troppo alta anche nel mondo calcistico

Negli ultimi anni il nostro Campionato di Calcio di Serie A ha perso molti dei suoi talenti, i quali sono andati a giocare all’estero, così come portare in Italia un campione affermato è diventato sempre più difficile. E’ più facile che i fuoriclasse vadano a giovare in Spagna ed in Inghilterra piuttosto che nel nostro Paese, e quando si riesce a mettere a contratto qualche stella gli ingaggi richiesti sono così elevati che solo due/tre squadre di Serie A attualmente se li possono permettere. La causa di tutto ciò non è solamente legata ai soldi, che attualmente nel nostro calcio scarseggiano, ma anche ad una tassazione che rende l’Italia un Paese meno competitivo rispetto a Paesi come la Spagna e l’Inghilterra. A metterlo in evidenza nelle ultime ore, nel corso di un’intervista radiofonica, è stato anche l’attuale Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il quale ha sottolineato come per dare un netto di 100 ad un calciatore la società, tasse comprese, debba pagare in Italia oltre 200, mentre in paesi come Spagna ed Inghilterra su 100 netti dati al giocatore il club spende complessivamente tra i 130 ed i 140.

Ecco allora perché giocatori di primissimo livello in Italia come Kakà per il Milan, e Ibrahimovic per l’Inter, incidano pesantemente sui bilanci delle rispettive società non solo per l’elevato ingaggio, ma anche perché occorre versare tanto quanto ed oltre in tasse e contributi. A fronte di tutto ciò, non sorprende il fatto che domani, con inizio alle ore 20,45, allo Stadio Olimpico non ci saranno squadre italiane a giocarsi la conquista della Champions League, ma la squadra spagnola del Barcellona e quella inglese del Manchester United.

Alle squadre italiane non resta che guardare la partita in televisione, consce del fatto, tra l’altro, che anche per l’anno prossimo sarà difficile arrivare alla finale per la conquista della “Coppa dalle grandi orecchie” sia per il Milan, sia per la Juventus; ma sarà difficile la conquista anche per la stessa Inter di Mourihno che, dopo aver vinto il Campionato in surplace, l’anno prossimo, indipendentemente dalla campagna acquisti, dovrà comunque sudare le fatidiche sette camicie per arrivare in finale contrastando lo strapotere di squadre come il Chelsea, l’Arsenal, il Manchester United ed il Barcellona.

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