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La manovra porta le tasse in Italia al 45%

Un aumento della pressione fiscale pari al 45 per cento del Pil potrebbe portare a una riduzione del prodotto interno lordo, secondo il sillogismo meno denaro a disposizione-meno consumi-diminuzione della produzione, in una spirale vorticosa a cui si accompagnera’ la contrazione del ricavato delle imprese, valutabile a circa mezzo punto percentuale. Un dato significativo che e’ emerso dalle audizioni del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, e del presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, di fronte alle Commissioni Bilancio e Finanze della Camera.

Per salvare l’Italia dal baratro (ma anche la caduta dell’euro), é necessario andare a intaccare le tasche degli italiani? Secondo il governatore di Bankitalia, i provvedimenti contenuti nella manovra potrebbero avere effetti negativi già nei prossimi mesi e nell’intero prossimo biennio. L’Italia inoltre, in questo modo diventerà il paese occidentale più tassato del nostro pianeta. La pressione fiscale italiana supera la media degli altri paesi dell’area euro di 5,5 punti percentuali.  La speranza é che grazie ad un taglio della spesa pubblica si possa evitare l’aumento dell’Iva.

Le misure di bilancio – sottolinea il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco – hanno effetti restrittivi sul Pil stimabili in mezzo punto percentuale nel prossimo biennio. Inoltre i nuovi interventi si concentrano per circa due terzi sulle entrate portando la pressione fiscale intorno al 45%. Una risoluta azione di contrasto all’evasione fiscale rimane prioritaria, poiché dall’emersione di base imponibile e dalla razionalizzazione della spese potrà determinarsi la riduzione della pressione fiscale necessaria per dare maggiore stimolo a imprese e occupazione. Auspico anche che grazie ad un taglio della spesa si possa scongiurare l’aumento dell’Iva, che avrebbe effetti distributivi più regressivi. Sono invece a favore dell’estensione del metodo contributivo a tutti i lavoratori che riduce la disparità di trattamento e rende più stretta la relazione tra contributi versati e benefici pensionistici, riducendo le distorsioni all’offerta del mercato del lavoro.

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