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Fisco, nella riforma sei tipi di interpelli

Ci sono sei tipologie di interpelli che riformeranno totalmente il rapporto col Fisco. Con l’approvazione dei due decreti sul contenzioso e sugli interpelli (D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156) e sull’internazionalizzazione delle imprese (D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147), da poco pubblicati in Gazzetta Ufficiale, il contribuente sarà vincolato a riconoscere prima di presentare la propria domanda la tipologia di interpello corretta.


Il ventaglio è ampio, ma non così esteso come potrebbe sembrare. Osserviamo i particolari casi:

Il primo “blocco” di interpelli è contenuto nel D.Lgs. n. 156/2015: si tratta diquattro tipologie, previste all’art. 1 del Decreto: l’interpello ordinario, quello probatorio, quello anti-abuso e quello disapplicativo.

L’ordinario è, naturalmente, la forma più generica: avrà una doppia faccia, tanto interpretativa e tanto qualificatoria, poiché è stata esteso il suo raggio di azione anche alla “corretta qualificazione della fattispecie”; resta fermo il suo utilizzo per le “condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione” delle disposizioni.

L’interpello probatorio serve a fare domande circa la “sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi di prova richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali”. Segue l’interpello anti-abusivo, necessario per interrogare l’Agenzia circa la natura abusiva del diritto di particolari atti. Particolare è a questo punto il caso dell’interpello disapplicativo, già previsto ma rimasto l’unico con carattere obbligatorio. Il contribuente in questo caso interrogherà l’amministrazione per la “disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti di imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario”.

Venendo al secondo “blocco” di interpelli, più ridotto, si possono identificarequello per i nuovi investimenti e quello sul ruling. Nel primo caso, ci troviamo di fronte ad un interpello volto alle “imprese che intendono effettuare investimenti nel territorio dello Stato di ammontare non inferiore a trenta milioni di euro e che abbiano ricadute occupazionali significative in relazione all’attività in cui avviene l’investimento”; esse possono rivolgersi all’Agenzia “in merito al trattamento fiscale del loro piano di investimento e delle eventuali operazioni straordinarie che si ipotizzano per la sua realizzazione”.

L’ultimo tipo di interpello, valido solo per le imprese con attività internazionale, definirà, tra l’altro, i criteri di calcolo del transfer pricing e del valore normale dei costi black list.