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Come funziona la nuova IRI sulle imprese

Il nome fa pensare a qualcos’altro, l’Istituto per la Ricostruzione Industriale, ma ormai bisognerà abituarsi ad associare la sigla Iri all’ambito tributario: si tratta, infatti, dell’Imposta sul Reddito Imprenditoriale, una misura introdotta di recente dal governo Monti e che ha modificato alcuni aspetti del regime fiscale dei professionisti. Si sta parlando di uno dei cardini della riforma fiscale tanto discussa nei mesi precedenti, il quale ha di fatto messo sullo stesso livello le partite Iva e le imprese attraverso il blocco della determinazione del reddito con il cosiddetto criterio di cassa. Questa imposta prevede che la base imponibile sia calcolata attraverso la differenza tra i ricavi e i costi che sono stati maturati in maniera effettiva.

CARATTERISTICHE DELL’IRI
La novità è di tutta evidenza, dato che così si è arrivati a tassare in modo identico sia le imprese che i professionisti. L’intenzione è stata proprio quella di uniformare il profilo fiscale. In effetti, l’Iri va a colpire l’attività e la professione con un’aliquota unica e senza alcuna distinzione sul fatto che il reddito sia stato prodotto da un professionista, da un socio o da un imprenditore. Quali possono essere i vantaggi e i difetti principali di un sistema simile? Fino a qualche tempo fa il condizionale era sicuramente d’obbligo, ma poi si è arrivati all’approvazione definitiva.

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L’Iri non guarda in faccia a nessuno, se si vuole far passare il termine: la sua introduzione non viene impedita dalla forma giuridica che viene adottata e nemmeno dalla distribuzione del reddito coinvolto. Quando il reddito stesso non viene distribuito a professionisti, associati e imprenditori, ecco allora che esso viene assoggettato solamente al tributo. La tassazione entra in gioco mediante un meccanismo di Irpef progressiva: il contribuente coinvolto è la persona fisica che va a percepire il reddito, anche se tali versamenti sono comunque deducibili.